Se anche il tempo è elastico
Sparito il cronometro: i tempi in Formula 1 si prendono con l’orologio molle di Dalì, visto che mancano riscontri sull’effettiva competitività delle varie macchine. Si è squagliato anche l’unico parametro da sempre inamovibile: il calendario, con la Cina rinviata (o saltata), e la Formula 1 che cerca di accelerare il tempo (con l’orologio molle si può) prima che Australia e Bahrain chiudano il portone. Per ultima, ieri è venuta meno anche la certezza del diritto visto che la Federazione Internazionale si è arrogata la possibilità di chiudere un’inchiesta tecnica con un accordo privato con la squadra indagata, in questo caso la Ferrari. Ciò che invece di stroncare le insinuazioni - a questo servono le dichiarazioni di conformità regolamentare dopo un’inchiesta - crea le premesse perché queste si alimentino.
Partenza su un terreno più magmatico, questo Mondiale 2020 non poteva averne. Si sapeva che un po’ tutti avrebbero giocato a carte coperte, ma i dubbi insoluti dei test sono tanti: il miglior crono in assoluto fatto segnare la settimana scorsa nella prima sessione, come se Mercedes avesse capito tutto e subito; il primato di Bottas in entrambe le serie di collaudi (bisognerà pur chiedersi, accertata la velocità del finlandese, quale possa essere quella di Hamilton); la competitività ma anche la mancanza di affidabilità mostrata dai campioni in carica, tra tempi stratosferici (soprattutto con gomme dure e simulando il GP) e sei problemi tecnici seri su diverse power unit; la Red Bull che promette di vincere tanto, ma pure lei non è esente da patimenti; la Ferrari che promette di vincere poco, ma Binotto che sembra voler deprimere le attese a scopo di pretattica (E’ così? Diteci che è così).
Non resta che porsi in attesa dell’Australia e di un orologio che per qualcuno potrebbe essere impietoso, altro che molle. Parliamo di velocità e di affidabilità; di argento, di rosso e di blu.