Dal Pino “tradito”dalla Tv
Concentrato sulla valorizzazione dei diritti ha perso di vista l’aspetto sportivo della crisi
Lo scorso 8 gennaio, quando è stato eletto nuovo presidente della Serie A, Dal Pino non si sarebbe mai aspettato di finire in una simile bufera, a distanza di soli due mesi. Magari, aveva immaginato che non sarebbe stato facile governare una Lega da sempre spaccata e divisa anche sulla sua scelta, visto che i voti favorevoli sono stati solo 12, soltanto uno in più di quelli necessari. Ma il Coronavirus e i suoi effetti erano difficilmente prevedibili. Il risultato dell’emergenza e del modo in cui è stata gestita, però, è che i vertici di via Rosellini sono stati messi pesantemente in discussione e non sarebbe così sorprendente se il mandato di Dal Pino avesse breve durata. Peraltro, da tempo è in bilico anche la figura di De Siervo, amministratore delegato, più volte finito al centro del mirino nelle ultime settimane, tra audio diffusi a tradimento, la campagna anti-razzismo con le scimmie come protagoniste e le lettere di alcuni club (Roma e Brescia su tutti) che contestano il suo stipendio.
SUD AMERICA. Ad avanzare la candidatura di Dal Pino erano stati il Milan, in via informale, e poi la Roma, in modo ufficiale. Ma solo alla terza assemblea elettiva, vale a dire quando si è passati dalla maggioranza qualificata a quella semplice, è stata possibile la sua elezione. Il suo profilo è quello di un manager esperto nelle telecomunicazioni. Pagine Gialle, Telecom, Wind, Pirelli e Telit sono alcune delle aziende per cui ha lavorato. E per diversi anni l’area geografica di competenza è stata il Sud America e, in particolare, il Brasile, tanto che nel 2009 ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Rio de Janeiro.
MISSIONE. Quel tipo di competenze dovevano servire alla Serie A per aumentare i ricavi derivanti dalla vendita dei diritti tv, individuando nuovi interlocutori, al di là dei classici broadcaster come Sky. Non a caso, la sua prima missione da presidente è stata un viaggio in America, tra nord e sud, per una serie di incontri con la finalità di proporre il “prodotto” Serie A, tanto che, oltre alle televisioni estere, uno degli appuntamenti fissati era con Amazon. E, infatti, il caos Coronavirus ha investito via Rosellini proprio quando Dal Pino era lontano dall’Italia. La decisione che ha fatto infuriare mezza Serie A, vale a dire quella di rinviare più di metà delle partite della scorsa giornata, l’ha presa a distanza.
CRISI SPORTIVA. Ha spiegato quella scelta come un modo per tutelare il solito “prodotto”, che sarebbe stato penalizzato diffondendo le immagini di partite a porte chiuse. E forse sta proprio qui il nodo.
Nel senso che, appena arrivato, il focus principale di Dal Pino è stato immediatamente quello di ottimizzare la vendita dei diritti tv. Del resto, ottenendo il massimo, avrebbe anche aumentato il suo consenso tra i club. Il Coronavirus, invece, ha provocato una “crisi” di natura sportiva, che è stata affrontata non tenendo conto di quell’aspetto, ma, al di là delle pressioni ricevute,
preoccupandosi solo degli effetti che avrebbe potuto avere sui ricavi. In questo senso ha seguito l’“esempio” di De Siervo, che aveva già pensato di aggiungere i rumori registrati del pubblico alle telecronache delle gare a porte chiuse, in modo da preservare almeno il sonoro di una partita normale…