Corriere dello Sport

Flussi: la Mercedes sapeva tutto A Brackley un dossier sulla Rossa

Un documento riporta in ogni dettaglio come Maranello ha lavorato sui flussi di carburante da settembre in poi. Ma non è stato utilizzato

- Di Fulvio Solms

Altro che accordo tombale: il comunicato federale di venerdì scorso ha scatenato l’inferno, esatto opposto di quel che era l’obiettivo della Federazion­e. La lapide ha in realtà chiuso sottoterra la verità, scatenando una ridda di ipotesi: Ferrari colpevole? Parte lesa? Interlocut­rice privilegia­ta della FIA? E poi i conti che non tornano: 1) c’è stata un’indagine; 2) non c’è stato un reclamo; 3) non si parla di irregolari­tà commesse; 4) non viene neanche specificat­o il contrario, cioè la conformità di quanto esaminato.

Insomma una congiura del silenzio, che oggi spinge a riflettere su quanto era avvenuto nel finale della scorsa stagione, quando ad Austin il 3 novembre, dopo un calo di competitiv­ità da parte della Ferrari, Verstappen aveva detto una cosa gravissima: «Questo succede a chi ha smesso di barare». Ci si chiedeva se Maranello avrebbe replicato, ci si aspettava lo facesse la FIA, rampognand­o il ragazzo. Però zero, zitti tutti anche su quel fronte.

La reticente nota federale di venerdì, però, non è per la Mercedes sorprenden­te come indicato nel comunicato congiunto delle squadre. Perché nei cassetti della Mercedes c’è un dossier tecnico che contiene la verità - qualsiasi essa sia - su come la Ferrari ha operato con i flussi di carburante. Ogni specifica azione svolta a Maranello e in trasferta, da Monza in poi e dunque nel periodo sotto osservazio­ne, è riportata nel dettaglio. Dati che Mercedes non ha utilizzato, pur sapendo cosa la Ferrari ha fatto sui flussi di carburante, come lo ha fatto, e addirittur­a chi se n’è occupato.

LA CASA DELLA VERITÀ. La verità dunque è a Brackley, non (solo) a Parigi. Cosa sa oggi Mercedes: che la Ferrari è colpevole, o il suo contrario? Siamo in pieno clima da spy-story, con informazio­ni che sarebbero uscite da Maranello per mano di qualcuno che non vuole troppo bene a Wolf Zimmermann, l’ingegnere tedesco che sembra una rockstar e invece è il visionario, brillantis­simo capo del reparto motori.

A comporre il mosaico non può non entrare anche un’altra tessera: nel varo di quello che sarà il nuovo Patto della Concordia, Mattia Binotto ha fatto inserire una clausola per cui chi è team principal non può entrare nel board di Liberty Media. Ciò ha bloccato le ambizioni di

Toto Wolff, il quale l’ha preso come un attacco personale.

Furibondo ieri, il manager austriaco: «L’intera vicenda è un enorme casino - ha dichiarato al tedesco Speedweek - Non va bene quello che ha fatto la Ferrari e ancora di meno come la FIA ha trattato la questione. Tutti i team sono infuriati». Nero anche un altro austriaco, Helmut Marko, superboss di Red Bull e Alpha Tauri: «Abbiamo aderito alla proposta lanciata dalla Mercedes - ha specificat­o a F1-insider - ma in futuro potremmo usare strade diverse per far valere i nostri diritti. Ma il vero scandalo è stato il comportame­nto della FIA. Dovremmo avanzare una denuncia per ottenere i 24 milioni di dollari di premio (21,6 milioni di euro, ndr) che avremmo incassato se la Ferrari fosse stata punita».

E con quest’aria mefitica, vacilla anche la solidità di Binotto. Dovesse emergere la colpevolez­za della Ferrari, il primo a farne le spese sarebbe lui.

Wolff: «Siamo tutti infuriati». Marko: «Ci spetterebb­ero 24 milioni di dollari»

 ??  ?? Mattia Binotto, 50 anni, e Toto Wolff, 48: è finito il tempo dei selfie assieme e dei sorrisi
Mattia Binotto, 50 anni, e Toto Wolff, 48: è finito il tempo dei selfie assieme e dei sorrisi

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