TAMBERI: IO, BRYANT LA BARBA... E I CAPELLI
«Da Kobe ho imparato a non arrendermi mai Sto preparando questa Olimpiade da otto anni»
Gimbo è sospeso, fluttua tra sogno e realtà. Sorride e con le mani misura idealmente un pezzo d'aria: «Ecco qui riassunti i miei problemi fisici, gli infortuni che hanno condizionato il mio 2019 condensati in questi 30 cm». E in questo 2020? Il suo look da matto, l'ormai leggendario stile "half shaved", in quest'anno da pazzi sotto tutti i punti di vista possibili e (non facilmente) immaginabili passa quasi inosservato. Gimbo, al secolo Gianmarco Tamberi, si è confessato ieri in una lunga intervista ad Atletica TV. Le misure che non arrivano, "i problemi di telemetria", un 2.31 che incoraggia, i capelli tagliati più per rabbia che per questioni estetiche, le Olimpiadi tanto inseguite, il coronavirus, la "Mamba Mentality": caleidoscopio Gimbo. Chiedendo strada alla sorte. O, chissà, al destino.
TROPPO ATTACCATO. Dopo gli Assoluti indoor nella sua Ancona e l'orripilante 2.20 che gli è valso il secondo posto alle spalle di Marco Fassinotti, il 27enne saltatore marchigiano, campione del mondo indoor 2016, ha chiesto scusa ai suoi tanti tifosi. Un convinto «Tornerò», ma anche un'altra misura che fa storcere il naso: 2.25 poco dopo a Belgrado. Vittoria, non certo sorrisi. «Ad Ancona ho vissuto una grandissima delusione, peraltro davanti a tanta gente venuta lì nonostante gareggiassi al mattino. In Serbia sono andato per riscattarmi, ma mi sono detto che non potevo chiudere così la stagione indoor. E allora via, ho preso la macchina e, a tre giorni da quella gara, mi sono presentato a Siena».
Siena High Jump Indoor Contest, 29 febbraio scorso: 2.31, Gimbo che respira. Anzi, «a dire il vero ho finito da poco di festeggiare». Cos'è successo, allora, nelle prime uscite? «Dopo Belgrado l'ho capito: un problema "telemetrico". Non avendo preparato la stagione indoor come uno degli obiettivi dell'anno, da novembre e fino a 20 giorni fa ho saltato con una rincorsa molto breve da 5/7 passi. Portando allora la rincorsa in gara a 9/11 passi, ed essendo abituato a quei 5/7, mi sentivo troppo attaccato al materasso».
LOOK & BASKET. Attaccato e pesante: «Non volendo stressare sin d'ora il fisico, in queste uscite ero sui 79/79,5 kg, quando solitamente sono tra i 75 e i 76».
Pesante e una sorta di Sansone al contrario: «Il taglio dei capelli non è arrivato per caso. Per superare il trauma di Ancona dovevo cambiare anzitutto faccia. Quanto alla barba, ne avete vista poca perché a Belgrado doveva ancora ricrescere».
Oltre il look, sulla sua canotta delle Fiamme Gialle agli Assoluti comparivano due numeri: l'8 e il 24, i numeri di Black Mamba. «Kobe Bryant, per gli amanti del basket in particolare della mia generazione, è stato il numero 1. Grazie a lui la pallacanestro si è definitivamente globalizzata. Era custode della famosa Mamba Mentality, filosofia che seguo e che insegna a non arrendersi mai. Ho una collezione di maglie Nba, ma la sua non c'è perché la sto indossando».
Tutte acquistate quelle maglie. L'unica originale quella regalata da James Harden, tipetto piuttosto difficile da convincere per fargli radere soltanto una metà del viso come Gimbo. Bryant, Harden, la pallacanestro. Anche qui Tamberi ha tanto da dire. E da fare... «Tornerò ad allenarmi domani dopo un po' di riposo. Se per "riposo" possiamo intendere anche gli allenamenti sotto i tabelloni con una squadra di Serie B e un'altra di C. Io fermo non so stare».
VENDETTA. Altro tratto distintivo del Tamberi extra-salto in alto quella voglia di emergere, di arrivare alle prossime Olimpiadi, riassunta dall'hashtag #revengehistory. Lui che aveva dovuto rinunciare a Rio, tra le lacrime e la caviglia devastata. «Gli altri ci mettono 4 anni per preparare un'Olimpiade. Beh, i miei anni sono stati 8. La voglia che arrivasse subito il 2020 è stata enorme. Tanto che ho vissuto l'anno passato come quello di transizione. Nel frattempo, i problemini fisici non sono mancati».
Praticamente una catena inquietante di "problemini". «Intendiamoci: trascorrere un anno senza infortuni, nell'atletica, è praticamente impossibile. A maggio iniziai ad avvertire dolore all'arco plantare. Con l'avvicinarsi al Golden Gala, a cui non avrei rinunciato per niente al mondo, non perché obbligato bensì per l'immensa voglia di esserci, sembrava tutto risolto. Dopo Roma, invece, quella parte del mio corpo, a quanto pare, ha avuto bisogno di adattarsi. Dall'arco plantare all'alluce; dall'alluce al tallone; infine il polpaccio. Tutto in 30 cm».
Poi è venuto l'ottavo posto ai Mondiali di Doha, competizione a pochi giorni dalla quale «ero ancora lì a chiedermi se fosse il caso di partecipare. Poi mi sono detto che un 2.30 sarebbe stato, non dico probabile, ma fattibile e sono andato. Gli altri hanno condotto una grande gara, perché sono riusciti a esprimersi al meglio nella gara più importante».
TOKYO. La concorrenza, certo, non arriverà ai Giochi per godersi il caldo giapponese. Gimbo teme anzitutto il qatariota Barshim: «Su Mutaz metto la mano sul fuoco, è il più forte di tutti i tempi e l'ho sempre sostenuto». Ma fa anche il nome di Brandon Starc, sebbene «non siamo più quelli che gareggiavano come se non esistesse la forza di gravità e combattevano attorno ai 2.40. Negli ultimi tempi il livello è sceso e il motivo è semplice: dopo il 2016 si sono operati tutti, io troppo in anticipo rispetto agli altri».
L'altro "avversario" è visibile solo al microscopio. «Se dovessero annullare i Giochi a causa del Coronavirus io mi ammazzo. No, non ci sto. Piuttosto mi metto a gareggiare da solo. È da troppo tempo che aspetto le Olimpiadi, questo momento di riscatto. Quella gara sarà il culmine e ora il tempo mi sembra pochissimo. È troppo bello preparare una cosa così. Fai una marea di sacrifici ma non ne senti il peso, gli allenamenti sono l'ultimo dei pensieri e la dieta una passeggiata».
Senza dimenticare la festa: «In Nba hanno vietato ai giocatori finanche di prendere le penne dei tifosi per firmare autografi. Io non ce la farei. Chi viene a fare il tifo è giusto che venga ricompensato per l'affetto che ti dà». E Gimbo con il pubblico gioca, respira, vola. Sospeso tra sogno e realtà.
«Il taglio corto? Dopo la delusione di Ancona volevo per prima cosa cambiare faccia La rincorsa diversa ha fatto il resto»
«I miei guai sono in 30 centimetri: dall’arco plantare al polpaccio Ma un anno senza infortuni è una rarità per tutti»