I SETTE MINACCIANO LA FIA E LA FERRARI
Lettera a Todt: «Chiarezza sui contenuti entro cinque giorni o divulgheremo dati riservati»
Se la Federazione Internazionale pensava di far calare il silenzio sul caso Ferrari con il primo comunicato di una settimana fa, si è sbagliata. Se giovedì scorso contava di placare le acque con quella risposta ai sette team (il succo: abbiamo diritto alla riservatezza perché prevista dalle regole) si è sbagliata il doppio. Se ieri a Ginevra pensava di poter risolvere la cosa con l’appoggio unanime fornito dal Consiglio Mondiale al presidente Jean Todt, l’errore è triplo.
Le squadre capeggiate da Mercedes e Red Bull non si accontentano e pretendono una risposta chiara su quelli che sono i termini dell’accordo. Hanno scritto una lettera a Todt e per conoscenza a Liberty Media, un messaggio durissimo che contiene una minaccia e una secca deadline: «Entro cinque giorni». In sostanza: rendete noti entro cinque giorni i termini dell’accordo con Maranello, oppure divulgheremo documenti sensibili sulla questione.
IL NODO: LA RISERVATEZZA. Il nodo è la clausola di riservatezza che la FIA ha fatto calare sulla transazione che ha chiuso l’inchiesta federale sulla Ferrari (erano regolari i flussi di benzina sui motori nel 2019?). Tale riservatezza è stata richiesta dalla Ferrari stessa che, nel momento in cui la FIA ha proposto la transazione per chiudere la questione (convinta di aver intravisto irregolarità ma priva della pistola fumante, mentre Maranello è rimasta ferma a difesa della legittimità del proprio operato), è uscita allo scoperto. Ha detto sì, firmiamo, ma a patto che l’accordo rimanga tra di noi. E la FIA ha ritenuto di concederlo, esistendo una norma che lo prevede espressamente.
Si tratta dell’articolo 4 del Regolamento Giudiziario e Disciplinare, che effettivamente consente di secretare un accordo tra firmatari, nei confronti di parti non interessate. La domanda è: le sette squadre che oggi chiedono trasparenza vanno considerate o no parti interessate? Formalmente no, perché nessuna di esse si è esposta in un reclamo ufficiale; sostanzialmente sì, perché sono state loro a sollecitare l’indagine federale (nel comunica congiunto di mercoledì le sette squadre lo hanno anche specificato: «Dopo mesi di investigazioni intraprese dalla FIA solo a seguito di domande sollevate da altri team...»). La FIA oggi si aggrappa alla forma - se non reclami ufficialmente la questione non ti riguarda - mentre i sette preferiscono andare alla sostanza. Circola anche voce che i più oltranzisti pretendano la cancellazione della Ferrari dalle classifiche 2019, con ricalcolo dei premi. Intanto sul fronte tecnico, ieri il Consiglio Mondiale ha stabilito l’aumento del peso minino delle macchine di un chilo (da 745 a 746) per l’adozione di un secondo flussometro di controllo.
LA PRIMA MOSSA. L’iniziativa congiunta non è partita dalla Mercedes come si pensa, ma dalla Red Bull che già in novembre si era mossa pesantemente, vedi l’uscita di Verstappen con «Questo suc cede a chi non bara più». Il team di Milton Keynes ha preso l’iniziativa, Toto Wolff l’ha sposata con trasporto, riversando nella questione anche un suo personalissimo e fresco risentimento nei confronti di Mattia Binotto, che negli accordi sul nuovo Patto della Concordia - tutt’ora in discussione - ha fatto inserire una clausola che impedisce ai team principal di accedere alle posizioni di vertice di Liberty Media (passo che evidentemente Wolff aveva considerato).
La questione è tutta qui, politica più che tecnica, sgradevolissima in qualsiasi prospettiva ci si ponga. I cinque giorni scadono a poche ore dall’inizio delle operazioni in Australia. La granata senza spoletta è tornata nelle mani di Jean Todt.
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