IL CAPITANO “TOBLE” HA STREGATO LATINA
«Sono cresciuto a Biella, devo tutto ai coach Brunazzi e Boniciolli E il soprannome al cioccolato»
«Coach Fiorenzo Brunazzi arrivò negli spogliatoi con dolci e cioccolatini, come al solito. A me diede un “Toblerone” e io, per non dividerlo con i miei compagni, lo infilai nella sacca sportiva. Avevo 14 anni, giocavo a Biella. Da quel momento per tutti sono diventato “Toble”».
Da allora Davide Raucci, ala ventinovenne di 1,98 m per 106 kg, è maturato molto, fino a diventare in questa stagione il capitano di Latina. «Un ruolo che ho ricoperto anche l’anno scorso a Cassino dove ero uno dei giocatori più anziani, mentre qui ci sono compagni di squadra più esperti come Bernardo Musso e Andrea Ancellotti. Già in estate coach Gramenzi mi parlò della possibilità di diventare il capitano di Latina, vedendo in me una persona equilibrata che viene ascoltata nello spogliatoio. Io accettai volentieri anche perché con l’allenatore mi trovo veramente bene. E’ esperto, capace, conosce il gioco e mi dà costantemente fiducia. Uno dei motivi per cui a Latina sto così bene è la sua presenza, unita a quella di una società giovane ma già estremamente organizzata. E anche la città è molto bella: seppure più in piccolo, mi ricorda la “mia” Biella».
Lei non è nato a Napoli?
«Sì, da padre italiano e mamma del Ghana. Quando avevo sei anni ho perso il papà. A nove ci siamo trasferiti a Biella: io, mia madre, mio fratello Daniel e le mie sorelle Barbara e Irine. Daniel e Irine oggi vivono in Ghana, mentre Barbara abita a Biella con la sua famiglia. Quando ero un bambino mia madre ha fatto molti sacrifici per permettermi di giocare a basket. Non è stato facile».
Lei come è approdato alla pallacanestro?
«Fino a 13 anni ho giocato a calcio nel San Biagio di Biella. Ero un centrocampista, ma con poca qualità. Un pomeriggio un mio compagno di classe mi chiese di provare la pallacanestro. Andai con lui e mi presentò coach Fiorenzo Brunazzi, che mi insegnò tutto: non sapevo palleggiare, né tirare, né in quanti si giocasse». E’ lui l’allenatore a cui deve di più nella sua crescita cestistica? «Lui assieme a Matteo Boniciolli, che per primo mi diede tanta fiducia. Ero alla Fortitudo Bologna, alla mia prima esperienza in A2. Con Matteo ho capito che avrei potuto diventare un professionista. Fu lui a spostarmi nello spot di “3” dopo che al Cus Torino ero stato impiegato come pivot. Oggi posso ricoprire tre ruoli: ala piccola, ala forte e “5” tattico».
Insomma, l’esperienza in Fortitudo le ha cambiato la vita? «Assolutamente sì. Là ho conosciuto anche Davide Lamma, che è stato prima mio compagno di squadra, poi mio general manager e oggi è diventato il mio allenatore sui fondamentali e il mio mental coach. Lo considero un amico e una figura fondamentale per la mia carriera. Guarda tutte le mie partite e mi dà consigli importanti. Il lavoro che svolgo con lui in estate è prezioso».
E’ soddisfatto della sua stagione a Latina, dove sta producendo una media di 8,8 punti e 4,7 rimbalzi e 1,1 assist? «Sono sempre molto autocritico. Rispetto a quando giocavo in Fortitudo (dal 2014 al 2017; ndr) sono decisamente migliorato, pur conservando quella grinta e quell’atletismo che mi hanno sempre contraddistinto. Di recente qui a Latina sono arriva Kenny Gaines e Gabriele Benetti. Domenica (domani; ndr) ci aspetta una gara molto difficile con Scafati. Sono sicuro che ci daranno una mano».
«Gli anni in Fortitudo mi hanno cambiato vita. Lamma tuttora una figura chiave»
«A Latina sto bene: società organizzata e un allenatore che mi dà fiducia»