Marulli, il basket nei cromosomi
Un’idea ben chiara in testa: aiutare Montegranaro a salvarsi. Roberto Marulli, classe 1991, play nato a Bergamo ma cresciuto cestisticamente a Treviglio, è un giramondo della A2 italiana. Cecina, Agropoli, Roseto, Reggio Calabria, Trapani, prima di approdare nella società marchigiana. «A fine novembre - dice - si è creata questa opportunità che ho preso al volo. Sono molto contento della scelta fatta perché, anche se il cammino in campionato è stato e rimane difficoltoso, sono arrivato in una piazza che trasuda basket e ha una grande passione. Il club è organizzato e mi trovo benissimo. La mia stagione finora è andata un po’ ad alti e bassi. Se c’è una cosa che devo assolutamente migliorare è la continuità».
Marulli non poteva che diventare un cestista. «Se dico che è una tradizione di famiglia, forse è poco. Mio padre è stato prima giocatore e poi allenatore. Anche mia madre ha giocato così come mia sorella, arrivata alla A2 femminile. Ora ha smesso perché aspetta un bambino». Così il piccolo Roberto prima di camminare prese un pallone da pallacanestro in mano. «Credo proprio che possa essere andata così, anche se non lo ricordo. Appena ho potuto ho iniziato a palleggiare per casa e così mi hanno iscritto a un corso di minibasket. Ricordo che ero sotto età ma già mi facevano giocare con i più grandi, nella categoria Propaganda. E’ come quando a un bimbo piccolo fai fare la primina».
Così correre dietro a un pallone a spicchi è diventata la sua vita. «Lo faccio da sempre e vorrei farlo ancora per molti anni. E’ la mia vita, l’idea di quando smetterò per ora faccio fatica a pensarla». Ma un giorno accadrà. «Sicuramente e allora vorrei restare nell’ambiente». Allenatore? «No, troppo complicato mettere assieme e equilibrare tante personalità diverse. Lo dico da giocatore, ma so che è così. Mi piace vedermi in futuro in un ruolo dirigenziale, nel marketing o come direttore sportivo. Di tempo per pensare e decidere ne avrò a sufficienza».
TIRO LIBERO. Tante piazze nella sua carriera, tanti ricordi. «Di belli ne conservo un’infinità, fissare questo al posto di quell’altro risulta veramente difficoltoso. Invece se penso a un ricordo negativo ce ne è uno che ancora ogni tanto mi guasta il sonno. Fu quando giocavo ad Agropoli in serie B. Una stagione fantastica, di grandi risultati di squadra e crescita personale. Arrivammo alle Final Four di Forlì per la promozione in A2. Giocai forse la miglior partita della mia vita. Affrontammo Rieti e alla fine ho avuto in mano il tiro libero della vittoria. La fotografia di quel momento è scolpita nella mia mente. Vado in lunetta, un respiro profondo come ho fatto mille volte, lascio partire il tiro. Il suono del pallone respinto dal ferro non lo scorderò mai più. Vorrei rigiocarla mille volte quella partita». Chissà cosa gli riserverà il futuro... «Intanto dobbiamo andare in campo prima contro Ravenna e poi contro Verona: due corazzate, ma ci servono punti per migliorare la classifica. Sono realista, so di non essere un fenomeno ma un buon giocatore. Per questo non penso alla serie A ma a far bene con Montegranaro. Vivo di partita in partita, cercando sempre di dare il meglio».