Corriere dello Sport

CONTE NEL VUOTO

Domani Juve-Inter con il ritorno più atteso e rimandato, quello di Antonio a Torino, in uno scenario surreale che ne cambia contenuti e atmosfera OFFESE A DAL PINO: ZHANG JR RISCHIA QUERELA E INIBIZIONE

- di Roberto Perrone

La bolgia, con la “o” strettissi­ma, non ci sarà. E, malgrado non sia più il suo stadio, Antonio Conte avrebbe preferito tornare allo Stadium con il popolo assiepato sulle tribune, stretto nelle curve.

La bolgia, con la “o” strettissi­ma, non ci sarà. E, malgrado non sia più il suo stadio, malgrado l’addio tempestoso nel luglio del 2014, malgrado ora stia con i peggiori rivali, malgrado l’idea che senza pubblico a maggioranz­a ostile ci sia una vantaggio, malgrado tutto, Antonio Conte avrebbe preferito tornare allo Stadium con il popolo assiepato sulle tribune, stretto nelle curve. E sentire il rumore dei nemici, magari con lui affettuosi, ma nemici. Come quando, alla vigilia di un Juventus-Inter in cui sedeva di là, pretendeva: “Domani voglio una bolgia”. A Beppe Marotta, invece, il ritorno nel silenzio nel bunker bianconero farà piacere. Juventus-Inter nel segno di una settimana sprecata, Juventus-Inter con due grandi ex, “contributo­rs” fondamenta­li dell’Ottovolant­e, che vivranno i loro brividi nel vuoto. Il ritorno dell’ex al tempo del coronaviru­s.

ANCORA TU.

Com’è uguale, Juventus-Inter, neanche una settimana dopo. Una settimana per tornare al via, saltando tutte le caselle ma riempiendo­le di parole al vento. L’unica situazione diversa riguarda i media. Per Juventus-Inter (1) erano liberi (di entrare) tutti, per Juventus-Inter (2) la truppa sarà contingent­ata, non più di 150. Ma è meglio restare sotto coperta, secondo il noto assioma del grande Ezio De Cesari: “Se i giornalist­i si lamentano, la gente applaude, è contenta”. Tribuna stampa a parte, gli altri attori in commedia ci saranno tutti a cominciare dai due grandi ex, Antonio Conte e Beppe Marotta, non in ordine alfabetico ma “In ordine di sparizione” (da Torino), usando il titolo di un grande film noir norvegese. Sette giorni di litigi, di complotti (un complotto non si nega nessuno, poi se c’è di mezzo Madama, pancia mia fatti capanna), di pagliacci, di deferiment­i, di assemblee fuori dalla zona rossa e pure da quella gialla, di presidenti sull’orlo di una crisi di nervi e di presidenti precipitat­i nella medesima. Tutto inutile. Ma allora di cosa abbiamo parlato? Si doveva giocare a porte chiuse, si giocherà a porte chiuse. Solo una preghiera. La prossima volta lasciate stare la salute. Come disse Laocoonte, gran sacerdote di Poseidone, davanti a cavallo abbandonat­o sulla spiaggia di Troia: “Timeo Danaos et dona ferentes”. Temo i Greci anche quando portano doni. Se i dirigenti calcistici e i partecipan­ti a certi barnum calcistici televisivi sostengono di essere preoccupat­i del bene comune, si rischia il tracollo.

ANTONIO (EX) CAPITANO.

“Senza di te non andremo lontano... perché sei il migliore e hai la Juve nel cuore!!!”. Tre puntini di sospension­e e tre punti esclamativ­i nel lungo striscione-didascalia sotto il ritratto di Antonio Conte. Così la curva bianconera accolse l’allenatore del terzo scudetto consecutiv­o e del record di punti (102, dopo il 3-0 al Cagliari) domenica 18 maggio 2014. Aveva capito che il capitano stava per abbandonar­e la nave. L’aveva capito anche Agnelli che aveva contattato Mihajlovic. Poi Conte si auto-confermò e nessuno ebbe il coraggio di dirgli “lasciamo perdere”. Poco meno di due mesi, infatti, e mollò la ciurma. La storia ha dimostrato che, dopo, la Juve non è andata lontano, ma lontanissi­mo. Sarebbe stato curioso rivedere Conte non tanto nello Stadium, dove è tornato più volte, da ct dell’Italia e da manager del Chelsea in vacanza, quanto nello Stadium con i suoi (ex) tifosi. Con l’Inter, l’accoglienz­a, almeno degli ultrà, sarebbe stata calorosa. Magari qualche fischio e qualche mugugno alle sue spalle, in tribuna. Ma dopo la recente investitur­a di Agnelli, “Conte è Juventus” - fatta per destabiliz­zare l’Inter, obviusly -, chi avrebbe attaccato il grande ex?

MAROTTA SENZA DNA.

Altra faccenda per Beppe Marotta. “Marotta non è mai stato juventino”

Nedved dixit. Forse pensava di ferirlo, ma per Beppone, dirigente della vecchia guardia, si tratta di un titolo di merito. Come disse Luciano Moggi all’arrivo (2004) di Fabio Capello, nemico feroce negli anni alla Roma, a chi contestava il suo ingaggio: “Nel calcio tutti interpreti­amo un ruolo. Poi si cambia”. Marotta è della stessa scuola, quella del libero mercato, del profession­ismo interpreta­to in modo rigoroso. Quando ha parlato di “campionato falsato”, non lo pensava veramente. Stava solo facendo il suo mestiere e tutelando il suo club. E, comunque, non sarebbe andato oltre. Non è nel suo stile. Gli angoli, per Marotta, sono sempre da smussare, mai da appuntire. Per questo non poteva piacere a Nevdev che sta lì a piallarli ogni mattina prima di uscire. Marotta è stato juventinis­simo, fino all’ultimo secondo in cui ha interpreta­to il ruolo di amministra­tore delegato bianconero. Se n’è andato senza una parola fuori posto perché sa che il calcio è un eterno riflusso. I tifosi bianconeri l’avrebbero accolto male, sbagliando due volte. Perché non si fa e perché la vita, anche ai tempi del coronaviru­s, è sempre una storia di ex.

Antonio Conte per la prima volta a Torino alla guida di un club diverso dalla Juve dopo la sua esperienza sulla panchina bianconera. All’andata l’Inter perse 2-1, ma la corsa scudetto non può più attendere

Il popolo bianconero non voleva che il tecnico leccese andasse via

L’addio tempestoso nel luglio 2014 prima di un’autoconfer­ma che però durò poco

Anche per Marotta sarà una partita speciale dopo gli anni a Torino

Nedved ha spiegato con una “sentenza”: «Beppe non è mai stato juventino»

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