Corriere dello Sport

Le stoccate dell’ex bandiera E poi il silenzio

- di Nicola Balice

C'è l'Antonio Conte capitano, bandiera, allenatore della Juve. Ma poi c'è anche il Conte ferito, che proprio non riesce a non dire quello che più può far male l'amore di un tempo.

È sempre stato così, anche prima della seconda vita insieme. Correva l'anno 2007, l'Arezzo retrocede in C anche a causa della vittoria dello Spezia a Torino. E Conte spara: «Rispetto tanto i tifosi juventini ma ho poco rispetto per la squadra. Adesso sembrava che i cattivi fossero fuori, evviva questo calcio pulito». Mica poco.

Poi però l'amore sboccia nuovamente nel 2011 («È stata l’unica volta in cui mi sono proposto»), tre anni di successi prima dell'addio in una notte di mezza estate del 2014, la Nazionale e il Chelsea. A far rumore nel frattempo era sempre la famosa frase dei «dieci euro nel ristorante da cento», rievocata a più riprese in una Juve che sfiorava due Champions, arrivava a otto scudetti in fila e acquistava Ronaldo.

Ma quando Marotta ottiene il sì di Conte all'Inter la saga del c'eravamo tanto amati poteva cominciare. E tra i tifosi parte la petizione per rimuovere la stella di Conte dalla Stadium: «Agnelli ha detto no? A me dispiace che sia intervenut­o, così ha dato spazio all'ignoranza. Quindi io non devo ringraziar­e niente e nessuno», ottobre 2019. Solo una delle stoccate, in precedenza la lama di Conte era già arrivata dritta su Sarri: «Qualcuno deve stare tranquillo perché ora sta dalla parte forte». Poi tante altre parole dette, tante non dette. Come le ultime, per esempio. Così Agnelli negli scorsi giorni: «Pensiamo a chi vogliamo, non a chi non vogliamo. Noi volevamo Sarri e abbiamo preso Sarri». Nel post Inter-Ludogorets la non-reazione di Conte. Domanda: «Ha sentito le parole di Agnelli?». Risposta: «Sì, ciao, grazie, ciao...». Alle prossime puntate.

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