Corriere dello Sport

«DALLA QUARANTENA ALLA ZONA ROSSA»

Damiani: «Ci avevano blindati nelle nostre stanze, lasciavano poco cibo fuori dalle porte»

- di Alessandra Giardini

Finalmente a casa. Roberto Damiani, direttore sportivo della francese Cofidis, ha lasciato la quarantena di Abu Dhabi, è atterrato a Milano ieri all’ora di pranzo e poco più tardi era nel suo salotto di Legnano, in piena zona rossa. «Diciamo che mi sento a casa, ormai ci ho fatto l’abitudine all’isolamento. E poi qui posso anche uscire dalla camera», scherza. Lì ci sono i suoi figli, e Maria Rosa, che ha preparato il bollito misto per cena, «non vedo l’ora di mangiare finalmente in un piatto». La quarantena di Abu Dhabi era in un hotel di lusso, è vero, ma nel momento in cui il quarto piano - dov’era alloggiata la Cofidis - è apparso come un focolaio dell’epidemia, le condizioni dell’isolamento sono improvvisa­mente cambiate.

«I primi due giorni potevamo stare con gli altri, andare in palestra, in piscina, al ristorante. Ma quando si è saputo che alcuni test di una delle squadre del quarto piano (la Gazprom, ndr) non erano completame­nte negativi, ci hanno blindato. Dovevamo rimanere chiusi ognuno nella nostra camera, non venivano a pulire, ci portavano un sacchettin­o sigilllato con panino, bibita e mela, e stop».

ISOLATI. L’incubo era cominciato giovedì 27 febbraio, dopo la quinta tappa dell’UAE Tour. Un messaggio nella chat team-organizzaz­ione: meeting urgente nella hall. Nella hall due funzionari del ministero della salute comunicano che la gara è sospesa per due casi sospetti di Coronaviru­s, due meccanici lombardi di una delle squadre, che erano in ospedale per una bronchite. «Nessuno aveva pensato al virus. Ci hanno fatto il primo test alle quattro di notte, nel corridoio, nel marasma. Quando ci hanno detto che i nostri test erano tutti negativi abbiamo prenotato nuovi voli per il sabato notte. I meccanici erano già giù a preparare il materiale, quando mi arriva un altro messaggio: partono tutti tranne le squadre del quarto piano. Dall’euforia alla depression­e, in un lampo. Le ambasciate hanno spinto tanto a livello diplomatic­o e i responsabi­li di Rcs mercoledì ci hanno fatto avere i rulli e le bici prese nei box (l’hotel è nel circuito di formula 1), a quel punto l’abbiamo strutturat­o come un normale ritiro collegiale, pedalata, massaggi, siamo riusciti a normalizza­re una situazione che normale non era, qualcuno ha provato anche ad andare in piscina ma ci hanno fatto notare che per il reato di attentato alla salute del Paese si va in galera». C’è sempre qualcosa da imparare, «è come fare una vacanza in camper, vivere reclusi ti fa conoscere meglio le persone, c’è chi si è lamentato e si è chiuso nella sua bolla senza capire che fuori c’è un mondo, e chi invece ha cercato di tirare fuori qualcosa di buono anche in quella situazione». Venerdì il terzo controllo: all’ennesima negatività, Cofidis e Groupama ieri notte hanno potuto lasciare il Paese.

BLOCCATI. Dalla quarantena alla zona rossa. «Quello che posso imputare a chi sta gestendo la situazione in Italia è che c’è la chiarezza di una notte senza luna. Ma il nostro mestiere è correre, e per me viene prima l’uomo del corridore. Se ci dicono che è pericoloso, dobbiamo prenderne atto. La Sanremo è la mia corsa del cuore, e avrei dovuto farla con Viviani: da zero a dieci, mi dispiace cento. Dico solo che la settimana dopo i Mondiali su pista ha fatto tre allenament­i dietro scooter di cui uno di sette ore, con la Cipressa e due volte il Poggio. Vorrà dire che la vinceremo a settembre, o ad ottobre. Il Giro? Non prendo neanche in consideraz­ione che non si corra. Andiamo avanti un passo alla volta. Alla fine della Parigi-Nizza abbiamo in programma una riunione online fra tutti i d.s. per decidere la preselezio­ne per il Giro, guardiamo avanti».

«Il lato positivo? Vivere come reclusi fa conoscere meglio le persone»

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ANSA La presentazi­one della Cofidis prima della partenza dell’UAE Tour, poi sospeso per i casi di coronaviru­s

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