Corriere dello Sport

Il coraggio e la paura

- Di Alberto Polverosi

Diceva Totò: “Il coraggio ce l’ho. È la paura che mi frega”. La paura ha fregato Conte e il coraggio ha premiato Sarri. Coraggio di cambiare, ribaltando una buona parte del pensiero estivo, suo e della società. Dovevano andarsene Dybala, Higuain e Matuidi (oltre a Khedira), mentre Pjanic doveva diventare il centro del gioco della Juve, toccando 150 palloni a partita. Per fortuna di Sarri, Paratici, Nedved e Agnelli, nessuno dei tre se n’è andato e domenica sera, nella sfida che poteva incidere negativame­nte nella corsa allo scudetto, tutt’e tre hanno svolto bene (o benino, o benissimo) il proprio ruolo: Matuidi con l’attacco decisivo all’area di rigore interista, Higuain con un lavoro di fatica non proprio da cannoniere ma da centravant­i generoso e Dybala..., beh Dybala ha fatto se stesso e quando la Joya fa se stesso non c’è Ronaldo che tenga, gli occhi sono tutti per lui. Ma il coraggio di Sarri è da rintraccia­re nel cambiament­o, quasi nel ribaltone delle sue vecchie scelte. Fuori Pjanic e al suo posto Bentancur, più mediano, meno regista, più solido, meno creativo; Cuadrado terzino destro, perché avesse spazio in cui sprigionar­e la corsa lunga e la tecnica in velocità; Douglas ala destra, davanti a Cuadrado, per impression­are la difesa interista con scatti e dribbling. A onor del vero, non tutto è andato secondo i piani di Sarri, per esempio la partita di Douglas Costa è stata decisament­e inferiore alle attese, e poi è giusto aggiungere alla lista dei protagonis­ti anche uno dei colpi di mercato, il gallese Ramsey, contro l’Inter decisivo più di Ronaldo e di Higuain. Dall’altra parte la paura ha bloccato Conte ancora nel punto in cui si blocca da sempre in campo internazio­nale. Ha ragione il tecnico salentino quando sostiene che la Juve è in assoluto più forte dell’Inter, l’organico dei bianconeri è più ricco e completo, ma un allenatore del suo livello dovrebbe (deve) aggiungere qualcosa, dovrebbe (deve) accorciare la distanza. Conte ha vinto lo scudetto (tre di fila, per l’esattezza, più una Premier), Sarri no, ha vinto una Coppa. Conte dovrebbe (deve) sapere che per battere la Juve in campionato è necessario osare, creare, inventare, tentare una sorpresa. Invece resta sempre lì, col suo unico calcio, con tre difensori veri, con due interni più dinamici che tecnici. Ha un solo giocatore geniale in organico, Eriksen, ma due mesi dopo il suo arrivo a Milano non è stato ancora in grado di inserirlo stabilment­e in squadra. Se pensa che il danese possa diventare il suo Dybala, si sbaglia. All’argentino basta un guizzo per stracciare una difesa, ad Eriksen serve un tempo prolungato per capire la squadra, così la può arricchire. A gennaio Conte a gran voce aveva chiesto e ottenuto tre acquisti e contro la Juve ne ha schierato uno solo (Young) da titolare. Qualcosa non torna. A volte sembra disarmato, come chi è talmente convinto delle proprie idee che, una volta confutate, non sa porre rimedio, non ha un’alternativ­a. Basta vedere con quale convinzion­e l’Inter, nel finale, è passata alla difesa a 4: senza entusiasmo, senza crederci. L’anno scorso, con Spalletti, l’Inter è arrivata terza accanto all’Atalanta. Quest’anno, con Conte, dopo un doppio clamoroso mercato è ancora terza. Per migliorare ci vuole coraggio.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy