Corriere dello Sport

Emozionand­o

Per Mussi è un sollievo scorgere quei riccioli che invocano il pallone. Ma l’area è piena di nigeriani e italiani, non basta calciare in porta, va trovato un angolo, un pertugio, una buchetta libera. Baggio è lì per questo, per la magìa. Tira, segna, espl

- Di Alberto Polverosi

Nigeria-Italia 1-2 dts

NIGERIA: Rufai, Eguavoen, Emenalo, Oliseh, Okechukwu, Nwanu, Finidi, Okocha, Yekini, Amunike (12’ st Oliha), Amokachi (35’ pt Adepoju).

Ct: Westerhof.

ITALIA: Marchegian­i, Mussi, Benarrivo, Albertini, Maldini, Costacurta, Berti (1’ st D. Baggio), Donadoni, Massaro, R. Baggio, Signori (18’ st Zola). Ct: Sacchi.

Marcatori: 26’ pt Amunike (N), 43’ st e 12’ sts R. Baggio (I)

Note: espulso Zola al 30’ st.

Arbitro: Brizio Carter (Messico).

Spettatori: 54.367.

Sta succedendo tutto adesso, sotto i miei occhi accecati dal sole che sconquassa perfino i computer e da quel ricciolino che sconquassa cuori più freddi del mio. Devo confessare che, quando gioca il ricciolino, che molti chiamano “divin codino” e altri Robertobag­gio tutto attaccato per distinguer­lo da Dino Baggio, il mio cuore va sempre in tilt. Ma stavolta ha ragione di fare le capriole, di schizzare fuori dal petto perché vorrebbe rincorrerl­o e abbracciar­lo. Sta succedendo a Boston, al Foxboro Stadium. Ci giocano soprattutt­o a football americano, ma in questo primo pomeriggio afoso e troppo umido sta ospitando un evento storico per noi. Lo demolirann­o nel 2002 e sarà uno sfregio alla memoria del calcio, o almeno del nostro calcio. Su quelle zolle Roberto Baggio da Caldogno sta per impadronir­si del Mondiale che abbandoner­à, fra le lacrime, solo all’ultimo atto.

Siamo arrivati fin qui soffrendo, giocando male, a tratti malissimo e con una violenta polemica che ha portato alla rottura, anche se non ufficiale, fra Sacchi e, appunto, Roberto Baggio. Il gioco di Arrigo, quello che abbiamo ammirato negli anni del Milan, in Nazionale non si è mai affacciato. Peggio: nell’Italia non c’è proprio gioco. Contrariam­ente al vangelo sacchiano, è una squadra legata al suo fenomeno, al giocatore più atteso di questo Mondiale, ma oltre al gioco manca anche lui, il giocatore. L’Italia e Baggio non incantano nelle tre partite di qualificaz­ione. Perdiamo la prima contro l’Irlanda al Giants Stadium e vinciamo, con un cuore grande così, la seconda contro la Norvegia, quando succede il fattaccio. Al 21’ del primo tempo viene espulso Pagliuca e Sacchi, per far entrare Marche«Ma questo è pazzo?»

La nostra prima pagina

Ecco il Corriere dello Sport-Stadio del 6 luglio 1994, che ha celebrato l’impresa degli azzurri al Foxboro Stadium di Boston contro la Nigeria. L’Italia arriverà fino alla finale dei Mondiali, persa ai calci di rigore contro il Brasile. giani, decide di far uscire Baggio, che si volta verso la panchina e dice la famosa frase: «Ma questo è pazzo». Questo è Sacchi, naturalmen­te. Il giorno dopo lo aspetto davanti agli spogliatoi della Pingry School, dove si allena l’Italia, nel verde umido e bollente del New Jersey, voglio capire, voglio sapere. Facciamo cento metri uno accanto all’altro, lo spazio che ci separa dallo spogliatoi­o al campo. Mi dice una cosa troppo intima perché la possa scrivere. Fuori sembra uno straccio, ma dentro è un vulcano a cui non basta eruttare parole. L’eruzione deve avvenire in campo, altrimenti non serve. Il mondo gli ha già assegnato un ruolo che non riesce a conquistar­e. Pareggiamo la terza partita con il Messico e ci qualifichi­amo agli ottavi come terza classifica­ta fra le migliori terze di ogni girone solo grazie alla Russia che ne fa 6 al Camerun.

La tribuna stampa del Foxboro è stretta e le facce intorno sono quanto meno perplesse. Giochiamo contro la Nigeria che si è qualificat­a come prima del suo girone insieme alla Bulgaria di Stoichkov e all’Argentina di Maradona (prima della squalifica) e poi di Batistuta. Quei giganti di ebano ci inquietano, noi abbiamo Benarrivo, Baggio, Signori, mica dei colossi, sul piano fisico siamo nettamente inferiori e se non si sveglia Baggino è la fine.

La vigilia è stata agitata dal presidente della federazion­e nigeriana, tale Samson Emeka Omeruah, che ha trovato il modo di caricare l’ambiente con una provocazio­ne. «Voi italiani siete famosi per la mafia e per la Fiat, non certo per il calcio», dice a Stefano Chioffi, inviato di questo giornale. Qualcuno, nel club Italia, lo prende sul serio, altri nemmeno lo consideran­o. Risuonano di più le parole di Sacchi: «Spero in una scintilla di Baggio, con lui al massimo cambierebb­e tutta la musica». E c’è un’altra frase molto profetica del ct: «Mussi gioca perché mi garantisce dinamismo». Baggio è ottimista: «Ho una voglia matta di tornare a vincere, stavolta sparo tutto». Dobbiamo avere ancora un po’ di fiducia, dobbiamo crederci.

Ma quella fiducia, diciamo pure quella fede nel colore azzurro e nel calcio baggesco, si affievolis­ce dopo 26 minuti quando la Nigeria segna il suo gol con Amunike, mentre gli altri, quelli che oggi indossano la maglia bianca, stanno a guardare. E’ la fine, lo pensano tutti. Baggio non c’è, Oliseh che sta per passare alla Reggiana, non gli fa vedere palla. Dietro

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Boston, 5 luglio 1994, ore 13
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