Corriere dello Sport

Siamo una squadra fortissimi

- di Ivan Zazzaroni

È semplice e bello tifare per loro, difficile è segnalarli tutti. Ci ho provato alla radio partendo dai tanti flash mob dedicati a medici, infermieri, personale ospedalier­o e mi sono ritrovato travolto da centinaia di richieste di una semplice citazione («ci siamo anche noi, non dimenticat­eci») da parte di farmacisti, dipendenti dei supermerca­ti, autisti del trasporto pubblico, rappresent­anti delle forze dell’ordine, addetti alle pulizie o alla raccolta dei rifiuti, tecnici e artigiani per interventi di emergenza, edicolanti, tutta gente che sta rischiando il contagio “soltanto” per rendere più tollerabil­e l’isolamento­forzatoade­cine di milioni di segregati. Sono i piccoli e grandi eroi del virus.

«Siamo una squadra fortissimi fatta di gente fantastici». Lo è anche chi all’interno della redazione di un giornale, di una television­e, di una radio continua a svolgere il proprio lavoro, tentando di dribblare la positività, per informare o provare a distrarre chi non può uscire di casa.

Il virus ci ha fatto cambiare vita, abitudini, atteggiame­nti, priorità, riferiment­i e campioni.

È semplice e bello tifare per loro, difficile è segnalarli tutti. Ci ho provato alla radio partendo dai tanti flash mob dedicati a medici, infermieri, personale ospedalier­o e mi sono ritrovato travolto da centinaia di richieste di una semplice citazione («ci siamo anche noi, non dimenticat­eci») da parte di farmacisti, dipendenti dei supermerca­ti, autisti del trasporto pubblico, rappresent­anti delle forze dell’ordine, addetti alle pulizie o alla raccolta dei rifiuti, tecnici e artigiani per interventi di emergenza, edicolanti, tutta gente che sta rischiando il contagio “soltanto” per rendere più tollerabil­e l’isolamento forzato a decine di milioni di segregati. Sono i piccoli e grandi eroi del virus.

«Siamo una squadra fortissimi fatta di gente fantastici». Lo è anche chi all’interno della redazione di un giornale, di una television­e, di una radio continua a svolgere il proprio lavoro, tentando di dribblare la positività, per informare o provare a distrarre chi non può uscire di casa.

Il virus ci ha fatto cambiare vita, abitudini, atteggiame­nti, priorità, riferiment­i e campioni. Se fino a ieri applaudiva­mo Dybala, Milinkovic, Lautaro, Fognini, Brignone, Hamilton, Dovizioso, Valentino, Paltrinier­i, Pellegrini, Bebe Vio e altri dispensato­ri di talento ed emozioni (ci auguriamo di tornare presto a farlo) oggi ammiriamo persone comuni i cui sforzi al tempo della normalità ci apparivano naturali, ordinari (non mi riferisco ai medici, ovviamente), di rado meritevoli di una citazione pubblica, figuriamoc­i di un applauso.

Li applaudiam­o noi che per ora siamo perdenti: ma il vero sportivo insegue l’aspetto positivo soprattutt­o quando è perdente. Per questo ripete spesso la litania della sconfitta costruttiv­a, passaggio necessario per crescere e migliorare. Il dramma che sta vivendo il mondo è una delle tante cadute dalle quali l’uomo si è sempre rialzato. C’è una frase molto bella e consolator­ia di Paulo Coelho che dovremmo indossare: «Ci sono momenti in cui i problemi entrano nelle nostre vite e non possiamo fare nulla per evitarli. Ma sono lì per una ragione. Solo quando li supereremo capiremo perché erano lì».

Il web, whatsapp, i giornali, le tv, le radio ci invitano ogni giorno a partecipar­e a “assembrame­nti virtuali”: da Napoli a Milano, da Brescia a Bologna la gente avverte la necessità di unirsi nella distanza, di farsi sentire e di fare qualcosa per gli altri: Scozzarell­a del Parma che in rete legge una favola a bambini non suoi è il mio piccolo eroe del weekend.

Mi piace pensare che non ci dimentiche­remo di chi ci ha permesso di evitare la sconfitta definitiva. Ognuno di noi ha uno o più campioni personali da ringraziar­e. Giocano tutti nella stessa squadra.

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