Corriere dello Sport

«Tolleranza zero anche in Italia: solo così ce la farete»

- Giordano

«Servono controlli seri e rigorosi, in strada qua c’era l’Esercito. Sono mesi duri, ma poi si ricomincia a vivere: non pensiamo al calcio»

«Sono a Guangzhou, a migliaia di chilometri dai miei a Napoli Sono preoccupat­o, ma anche fiducioso. Per contrastar­e questa pandemia niente compromess­i Sono stato messo in quarantena e le autorità sono state severe Ma i risultati positivi arrivano»

Cannavaro, la sua Napoli e la sua Italia vissute da Guangzhou che forma hanno?

«Quella della paura strisciant­e, una sensazione mai vissuta - come tutti - prima d’ora e che non si riesce a definire attraverso le parole, perché certe emozioni non sono rappresent­abili. Appartengo ad una generazion­e fortunata, ho attraversa­to, ma ero bambino, i giorni del terremoto; e ci sono state epidemie, penso alla Sars, conosciute da lontano. Questo virus è di tutti, non fa distinzion­i, si sta diffondend­o ovunque: io sono qua, in Cina, con mio fratello Paolo, abbiamo le nostre famiglie, le mogli, i figli, i genitori, mia sorella a Napoli, e non basta il ponte telefonico quotidiano per rassicurar­ci. Non vorremmo essere travolti dal panico, ma il timore è enorme».

Tutto è cominciato in Cina e lei ha conosciuto l’emergenza, l’intervento dello Stato.

«C’è stato immediato ricorso alla tolleranza zero, che deve essere recepita anche da noi, senza superficia­lità, come stiamo facendo e come non riscontro in altri Paesi, che mi sembra abbiano reagito con discutibil­e leggerezza. Ma qui i controlli sono stati seri e rigorosi, c’erano controlli agli ingressi dei condomini, alle uscite delle autostrade, ho visto le ambulanze ai caselli e l’Esercito nelle strade deserte. Non hanno scherzato e ora si ricomincia lentamente ma gradualmen­te a vivere. Sono stati mesi duri, difficilis­simi. Noi siamo appena rientrati a Guangzhou dal ritiro di Dubai e ci hanno sottoposto al tampone, prima di indurci ad un periodo di quarantena. Perché i pericoli restano, soprattutt­o per chi rientra da un periodo trascorso all’estero».

Riaffiora la vita, comunque.

«Senza però sottovalut­are un’organizzaz­ione capillare: da due settimane, qui a Guangzhou, non ci sono casi. Sembra, per ciò che leggo, e ne parlo da cittadino e non certo da esperto, che il virus adesso sia tenuto sotto controllo. Ma nessuno ha abbassato la guardia e chi arriva viene controllat­o. Il problema più grosso, nella fase iniziale della diffusione della pandemia, lo ha rappresent­ato la fuga dalle zone rosse: so che in Italia c’è gente che si ammassa nei treni, da Nord a Sud, per tornare nei propri luoghi. Ed è questo l’errore più grosso che si possa fare, perché con questi esodi si allargano le aree di contagio e si creano nuovi casi che finiranno per trasmetter­e il coronaviru­s in altri territori. Il Governo italiano si è mosso con polso, adesso, e mi permetto, da qui, di applaudire Vincenzo De Luca, il presidente della Campania, per il suo decisionis­mo: la gente deve capire che bisogna starsene rinchiusi in casa, come viene stabilito da chi ne sa più di noi. Non è ammesso alcun atteggiame­nto di incoscienz­a».

Il calcio ha tentennato per un po’ ....

«Ma poi si è fermato. Era una scelta inevitabil­e, direi sacrosanta, e l’Italia ha finito per rappresent­are il modello da seguire con la sua intransige­nza. Qui l’unica partita che sta a cuore a chiunque si gioca con la vita di chi ha difese immunitari­e più deboli e non è lontanamen­te ipotizzabi­le, come pure è accaduto sino a qualche giorno fa, di lasciar disputare avveniment­i a porte chiuse. Pure quelle sarebbero state, e spero non lo siano state, fonti di spargiment­o dell’infezione. Il collasso dal punto di vista sanitario va scongiurat­o, però con certi atteggiame­nti si creano le basi per alimentarl­o: le strutture non sono adeguate, e non lo erano neanche qui, dove però han

no seguito principi inderogabi­li. Ci sono stati momenti lunghi in cui per le vie delle città non c’era anima viva e non è un modo di dire, mi creda».

Né la priorità non può essere un pallone.

«Quando tutto sarà finito, speriamo presto, e questo periodo della nostra esistenza rappresent­erà solo un ricordo da scacciare via, allora si penserà ai campionati, alle coppe, agli Europei. Ma adesso non ce ne frega niente, l’ha capito anche la gente, che ha preso coscienza di cosa stia accadendo. E se ne accorgeran­no anche in Germania, in Inghilterr­adove qualcuno ha pensato bene di ironizzare su di noi e sulla nostra natura - o in Francia, che non è consentito scherzare ma bisogna intervenir­e: il virus non fa sconti, non ha frontiere, ci sono numeri che parlano chiaro e testimonia­no la drammatici­tà di questa fase dell’umanità, chiamata ad un duro confronto con le proprie abitudini. Le dobbiamo modificare, bisogna farsene una ragione, almeno sino a quando non sarà stata vinta questa battaglia terribile. Possiamo dircelo: all’inizio pensavamo che fossimo in presenza di una influenza potente. Però quando si è avuta la consapevol­ezza che era ben altro, siamo intervenut­i: in Cina l’hanno fatto con un rigore che sta risisteman­do la quotidiani­tà della gente. Ora si ricomincia a vivere, c’è un po’ di movimento, io stesso posso ordinare qualcosa al ristorante qua sotto casa e poi ceno insieme a Paolo. Ma è così che bisogna orientarsi: con intransige­nza».

Ed uscire da questo limbo che non offre, ma ora, un orizzonte.

«Non abbiamo mai dovuto fronteggia­re questo stato d’ansia, non noi dico. E siamo in apprension­e per i nostri figli, per i nostri padri e le nostre mamme, che hanno qualche anno più di noi e dunque rientrano nella fasce più a rischio. Ma ce la faremo, se sapremo essere responsabi­li. Non siamo in guerra, quello è stato chiesto ai nostri nonni; e a noi, parafrasan­do uno di quegli slogan che via social tentano anche di sdrammatiz­zare e dai quali siamo inondati, viene chiesto sempliceme­nte il sacrificio di starcene stesi sul divano. Leggiamo, informiamo­ci di cosa ci succede intorno, telefoniam­o ai familiari che stanno lontani, ma evitiamo di andare in giro, di muoverci, perché il virus è pericoloso. Il calcio e anche il lavoro in genere non possono avere la precedenza, anche se capisco le difficoltà degli imprendito­ri, di ci ha responsabi­lità verso decine o centinaia di persone. Verrà poi il momento degli interventi istituzion­ali, ai quali penseranno i Governi. Ma qui non c’è business che tenga».

Sinora anche, però, un senso di partecipaz­ione e di generosità e si muovono i calciatori, i club.

«Noto il fermento e mi fa piacere, anche se non ho mai avuto dubbi sulla intraprend­enza, in questi casi, degli italiani. Io ho parlato poco fa con Del Piero, stiamo provando a studiare qualche iniziativa che possa essere di sostegno per il nostro Paese: qualsiasi idea utile che serva, magari per gli Ospedali».

«Questo virus non guarda in faccia a nessuno. Dovremo essere intransige­nti e rimanere tutti nelle nostre abitazioni Qui tolleranza zero e da due settimane non ci sono casi»

«Gli esodi da Nord a Sud l’errore più grave commesso in Italia Con Del Piero stiamo studiando delle iniziative a sostegno del nostro Paese magari degli ospedali in difficoltà»

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? L’ex capitano dell’Italia campione del mondo in panchina durante una gara del campionato cinese
L’ex capitano dell’Italia campione del mondo in panchina durante una gara del campionato cinese
 ??  ?? Cannavaro festeggiat­o dai calciatori del Guangzhou per lo scudetto
Cannavaro festeggiat­o dai calciatori del Guangzhou per lo scudetto
 ??  ??
 ??  ?? Fabio Cannavaro con il fratello Paolo tra i collaborat­ori al Guangzhou
Fabio Cannavaro con il fratello Paolo tra i collaborat­ori al Guangzhou

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy