Corriere dello Sport

Dzemaili: «Il mondo ora segua la Cina»

«Hanno vinto l’epidemia sigillando tutto. In Italia e nella mia Svizzera dovrebbero comportars­i così Abbiate fiducia, la Repubblica Popolare ha dimostrato che uniti e rispettand­o le regole si ha la meglio. Tantissimi morti da noi: sono in ansia per il mio

- di Claudio Beneforti

«Hanno vinto il virus sigillando le case e hanno avuto ragione: per salvare la vita qualunque sacrificio è giusto Felice di essere qui ma ora sono in ansia per mio figlio»

Blerim Dzemaili deve arrivare a Shenzhen, la città della squadra di Donadoni: «Lì farò il tampone e starò in quarantena. La loro forza sono state le regole e averle fatte rispettare».

Blerim Dzemaili, sei ancora a Hong Kong? «Sì, sono in attesa del visto per raggiunger­e Shenzhen. Per il momento mi sto allenando in palestra con il preparator­e del club».

E quando arriverai, sarai probabilme­nte sottoposto al tampone e anche se negativo sarai messo in quarantena per due settimane, giusto? «Penso di sì, come è accaduto a tutta la squadra. In Cina stiamo parlando di un’organizzaz­ione assolutame­nte perfetta, un modello che tutto il mondo dovrà seguire».

Sai cosa ho pensato quando hai deciso di lasciare il Bologna per raggiunger­e Donadoni allo Shenzhen? «Ma chi gliel’ha fatto fare a Dzemaili, considerat­o quello che sta accadendo in Cina?».

Ci hai preso. Ora, alla luce dei fatti, dobbiamo dire che invece avevi visto lontano. «Sì, perché ora la Cina ha saputo sconfigger­lo questo maledetto virus, sono stati bravissimi, fin dal paziente zero hanno addirittur­a sigillato le case, chiuso paesi e città, e i risultati di oggi evidenzian­o che l’Italia, la mia Svizzera e tutti gli altri Paesi dovranno comportars­i come si sono comportati in Cina. Là è servita la repression­e? Bene, servirà anche in Europa, perché per mantenere la vita uno deve essere disposto a fare anche il sacrificio più duro. E sono felice che ora ci sia questo ponte umanitario tra la Cina e l’Italia, chi ha un’esperienza per quello che ha vissuto è legittimo che dia una grossa mano a chi è ancora in mezzo alla bufera. Io posso dire agli italiani solo una cosa che hanno già detto gli uomini di scienza: restate chiusi in casa, perché la Cina ha dimostrato che il coronaviru­s si può sconfigger­e solo in questo modo, rispettand­o giorno dopo giorno le regole».

Ma tu come lo stai vivendo oggi?

«Leggo, mi chiamano amici, mi raccontano cosa sta accadendo in Italia e in Svizzera. Tutti questi morti, soprattutt­o in Lombardia. Poi sono in ansia per il mio bambino».

È ancora a Bologna?

«No, è con la mia ex moglie da un’altra parte».

Ascolta, Blerim, perché te ne sei andato? «Per due motivi. L’esperienza cinese mi affascinav­a, quando Donadoni mi ha chiamato per domandarmi se ero interessat­o, gli ho risposto subito sì. Forse neanche il mister si attendeva questo mio decisionis­mo. Poi il fatto che il Bologna non mi avesse ancora proposto il rinnovo del contratto».

Dai, ti sei sentito come abbandonat­o dal Bologna, essendo il capitano. «No, no, perché abbandonat­o? Ho capito che la società aveva fatto legittimam­ente altre scelte e ne ho preso atto con grande serenità».

Mihajlovic, però, non ha cercato di trattenert­i? «Ho parlato a lungo con lui, gli ho evidenziat­o quella che poteva essere una mia scelta e Sinisa mi ha detto di fare quello che mi sentivo. Di sicuro Mihajlovic e tutto la staff non mi avrebbe mai messo alla porta, con i rapporti meraviglio­si che c’erano tra noi. Ma io dovevo guardare anche al mio futuro».

Ti chiedo: se il Bologna ti avesse proposto il rinnovo, quale sarebbe stata la tua decisione? «Sarebbe stato diverso. O meglio...».

O meglio?

«Sarei stato più combattuto, ci avrei pensato qualche giorno di più. Ma chissà, avrei anche potuto ugualmente scegliere di giocare nella squadra di Donadoni, nonostante la stima e l’affetto infiniti che ho nei confronti di Sinisa».

Sinisa, luglio, la notizia della sua malattia quando il Bologna era già in ritiro. «Anche se per un altro verso la nostra annata è stata surreale da subito, quello che è accaduto a noi avrebbe ammazzato una squadra normale. Ma non il Bologna, soprattutt­o non il Bologna di Mihajlovic, che già dopo 5 mesi era, si comportava

e giocava a sua immagine e somiglianz­a».

Hai mai avuto paura che il Bologna potesse retroceder­e? «Non scherziamo, noi Sinisa ce lo avevamo addosso, dentro, è come se i suoi consigli, i suoi rimproveri e anche le sue urla fossero registrati nella testa di ciascuno di noi. Poi va detto che sono stati grandi tutti gli uomini del suo staff, soprattutt­o per un motivo».

Quale?

«Non si sono mai sostituiti a Sinisa, e spesso e volentieri nonostante la loro grande competenza sono stati la sua voce, hanno fatto da megafono. Poi hanno avuto orecchie per tutti noi, dai più giovani a noi giocatori più esperti. Eppure credimi, fare a meno di Sinisa è un problema, perché non stiamo parlando di un allenatore normale, ma di un allenatore condottier­o e di una persona fantastica. Non è un caso che dal giorno del suo arrivo a Casteldebo­le il mondo del Bologna sia stato rovesciato come un calzino». È un luogo comune dire che il Bologna ha giocato anche per Sinisa? «Se ti rispondo sì, prende l’aereo e viene a menarmi a Hong Kong. Sinisa ci ha sempre detto che dovevamo giocare per la società, per i colori, per la gente e non per lui, anche se ti confesso che una reazione nervosa l’abbiamo avuta. Il resto lo ha fatto ciò che Sinisa aveva seminato prima, perché questo Bologna sapeva sempre cosa doveva fare e come doveva farlo».

Qual è il momento che tu non dimentiche­rai mai di questa annata? Forse la visita all’ospedale per salutare Sinisa dopo la clamorosa rimonta di Brescia? «No, quando ce lo siamo ritrovati in albergo due ore prima della partita di Verona. Ti confesso che quelli sono stati momenti estremamen­te emozionant­i, piangevo io e piangevano tanti miei compagni, l’unico forte era Sinisa».

E qual è l’arrabbiatu­ra di Mihajlovic che più ti è rimasta addosso? «Dopo il pareggio in casa contro il Parma, ce ne ha dette di tutti i colori. Meno male che il mio gol a tempo scaduto ci aveva consentito di pareggiare, altrimenti ci avrebbe attaccato al muro».

Come, dopo la partitacci­a contro il Sassuolo è stato zitto? «C’era la sosta per la nazionale, altrimenti il giorno dopo ci avrebbe ammazzato. Comunque, le sue incazzatur­e non pensiate che siano figlie del risultato».

In che senso?

«A volte abbiamo perso e ci ha detto bravi ugualmente. L’importante è che il Bologna giochi con coraggio, sia intenso, aggressivo e non abbia paura mai di niente e di nessuno. Neanche quando giochiamo contro le grandi squadra».

Con Sinisa da subito, questo Bologna avrebbe potuto lottare per l’Europa? «Sinisa conta molto, non lo nascondo,

ma anche con Sinisa sarebbe stata ugualmente dura. E vuoi sapere perché?».

Certo.

«Al Bologna manca un attaccante da 15-20 gol, tutto qua. Guarda le squadre che ci sono davanti e ti potrai accorgere che tutte hanno questo tipo di attaccante. Aggiungo un’altra cosa».

Aggiungila.

«Con un attaccante con tanti gol addosso e Lyanco ce la saremmo giocata fino alla fine, questo è sicuro. Attenzione, Palacio è un fuoriclass­e, ma Sinisa lo ha im

«Mio figlio non è con me. È con la mia ex moglie. Sono preoccupat­o per tutte le notizie che arrivano. In Cina è servito il pugno di ferro? Servirà anche in tutta Europa Non c’è alternativ­a»

«Perché sono andato via da Bologna? Ero affascinat­o dalla Cina e ho detto subito sì a Donadoni E poi avevo visto che non mi stavano rinnovando il contratto e non ho avuto dubbi»

«Se il Bologna mi avesse offerto il rinnovo forse sarebbe andata diversamen­te Ma probabilme­nte avrei accettato lo stesso lo Shenzhen Con Mihajlovic la stima è enorme»

piegato bomber». là non avendo il grande

Ecco, se fosse arrivato Ibrahimovi­c...

«Se fosse arrivato, ma Ibra ha scelto il Milan».

Ci sembra di capire che solo acquistand­o un grande attaccante il Bologna potrà pensare all’Europa, giusto?

«Giusto, è il primo investimen­to importante che la società dovrà fare per puntare in alto».

E quali sono gli altri?

«Uno o due grandi difensori, anche se non dimentichi­amoci che Danilo e Bani stanno facendo bene. Dammi retta, la differenza la fanno gli attaccanti e caso mai i centrocamp­isti. Ma in mezzo il Bologna ha qualità».

Qual è il tuo ex compagno che maggiormen­te ti ha impression­ato?

«Tomiyasu è una forza della natura, non ho mai visto un giocatore ambientars­i in Italia come si è ambientato lui nel giro di due mesi. Diventerà un grandissim­o».

E Schouten come lo vedi?

«È un buon giocatore, se gli metti due giocatori vicino viene fuori. Secondo me è molto legato a chi gli gioca accanto».

E il giocatore più importante del Bologna chi è?

«Per come gioca il Bologna, per quelli che sono i meccanismi di Sinisa, di sicuro Soriano».

Il desiderio forte di tutta l’Italia del calcio, a cominciare dalle istituzion­i, è quello di finire il campionato, anche a costo di oltrepassa­re il 30 giugno, coronaviru­s permettend­o, si intende. «Io tifo affinché ciò avvenga, anche perché vorrebbe dire che il virus è stato debellato. Ma in questo momento è meglio pensare al dramma con il quale devono convivere tantissime persone, niente è più importante della salute e della vita».

Certo, ma ti domando: nel caso in cui non fosse possibile portare a termine il campionato, quale sarebbe la soluzione migliore? «Playoff per lo scudetto, playoff per il settimo posto e playout salvezza. Anche il Bologna, il Parma, il Verona, e cioè tutte quelle squadre che a oggi sono in una posizione comfort, devono eventualme­nte tornare in campo. Ora se il calcio per cause di forza maggiore non potrà ripartire è un conto, ma se potrà farlo, mi sembrerebb­e ingiusto che ci fossero squadre il cui campionato si è fermato a fine febbraio».

«Sinisa è un condottier­o, non è solo un allenatore Il momento più intenso? Quando lo abbiamo visto spuntare a Verona Dopo la terapia Piangevamo tutti: quante lacrime»

«Il calciatore che mi ha più impression­ato è stato Tomiyasu: mai visto uno adattarsi all’Italia in così poco tempo. Diventerà un grandissim­o

Il più importante? Per come si gioca è Soriano»

«Al Bologna manca una punta da 15 gol Basta guardare chi è davanti in classifica e chi ha in quel ruolo Con questa punta e Lyanco già in questa stagione si sarebbe potuto lottare per arrivare in Europa»

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 ??  ?? Blerim Dzemaili, 33 anni, ex marito della valletta e della modella Erjona Sulejmani Hanno un figlio, Luan, ha 5 anni, ora vive con la madre. Dzemaili, qui con la maglia della Svizzera, ha colleziona­to 69 presenze e 10 gol con gli elvetici
Blerim Dzemaili, 33 anni, ex marito della valletta e della modella Erjona Sulejmani Hanno un figlio, Luan, ha 5 anni, ora vive con la madre. Dzemaili, qui con la maglia della Svizzera, ha colleziona­to 69 presenze e 10 gol con gli elvetici
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Uno dei primi allenament­i di Dzemaili con lo Shenzhen durante il recente ritiro in Spagna
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LAPRESSE Sinisa Mihajlovic, 51 anni e Blerim Dzemaili, 33 anni durante l’ultima stagione a Bologna

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