«SARÀ UN CALCIO PIÙ VERO»
IL DOPO CORONAVIRUS SECONDO ANCELOTTI di Ivan Zazzaroni
Boris Johnson positivo, Carlo. «Non ci credo. Mamma mia…». A Liverpool sono le tredici, Ancelotti è appena rientrato da una passeggiata. «Breve. È ancora permessa, una al giorno, da soli o con il cane, oppure un giro in bicicletta. Per il momento non c’è bisogno dell’autocertificazione, ma immagino che presto sarà introdotta anche qui come in Italia.
«Quando tutto questo finirà ci sarà un ridimensionamento generale: tecnici e giocatori guadagneranno la metà calerà il prezzo dei biglietti le tv pagheranno meno e forse sarà tutto migliore»
«Quando si ricomincia e quando si finisce? M’importa solo che si limiti il contagio» spiega il tecnico dell’Everton. «Ci sarà un ridimensionamento generale. Le tv pagheranno di meno, giocatori e allenatori guadagneranno la metà, calerà il prezzo dei biglietti. Faremo i conti con un’altra economia e un altro calcio. Forse migliore» E aggiunge: «La preparazione? Una barzelletta»
Boris Johnson positivo, Carlo. «Non ci credo. Mamma mia…». A Liverpool sono le tredici, Ancelotti è appena rientrato da una passeggiata. «Breve. È ancora permessa, una al giorno, da soli o con il cane, oppure un giro in bicicletta. Per il momento non c’è bisogno dell’autocertificazione, ma immagino che presto sarà introdotta anche qui come in Italia. In giro si comincia a vedere un po’ di polizia. Le attenzioni maggiori sono per Londra, Liverpool ha grandi spazi, Londra è più compressa. Il Governo sta lavorando con scrupolo, ora, gli inglesi hanno fiducia nell’Nhs, il sistema sanitario nazionale, l’Everton sta facendo tanto in termini di assistenza agli anziani, ai malati, alle persone sole. Noi tutti stiamo vivendo una vita alla quale non eravamo abituati e che ci cambierà profondamente».
Ne sei proprio convinto?
«Ne sono certo. Dovremo darci tutti una bella ridimensionata, a cominciare dal calcio».
Lasciami qualche dubbio. «Oggi la priorità è la salute, limitare il contagio. Tutto il resto è secondario. Quando si ricomincia, quando si finisce, le date, le promesse, le speranze… credimi, non m’importa, in questo momento è l’ultimo dei miei pensieri. La Premier ha imposto ai club di dare tre settimane di vacanza a tutti, giocatori, tecnici, staff. L’idea iniziale era quella di ripartire a maggio, ma è fuori discussione che ci si riesca. Sento parlare di taglio degli stipendi, di sospensione dei pagamenti. Mi sembrano soluzioni inattuali, intempestive… Presto cambierà l’economia, e a tutti i livelli, i diritti televisivi varranno di meno, i calciatori e gli allenatori guadagneranno di meno, i biglietti costeranno di meno perché la gente avrà meno soldi. Prepariamoci a una contrazione generale».
Non mi sorprende che tu faccia un discorso del genere.
«Ciò che conta adesso è contrastare efficacemente il virus, lo ripeto. Poi, certo, se sarà possibile proseguire la stagione, bene, altrimenti amen. Mi fa ridere chi insiste a fare discorsi sui tempi per la preparazione, c’è addirittura chi parla di tre settimane di allenamento. Son cazzate. È una barzelletta, quello della preparazione è un falso mito. Ricordo che nel 2006, per via di Calciopoli, il Milan uscì inizialmente dai primi quattro posti e quindi dall’Europa, d’un tratto per non far retrocedere la Lazio ci venne tolta una parte della penalizzazione e fummo costretti a fare i preliminari di Champions. Dovetti telefonare ai ragazzi che erano in vacanza perché quattro giorni dopo avremmo dovuto affrontare la Stella Rossa. Cafu rientrò dal Brasile ventiquattr’ore prima e giocò novanta minuti. Se vuoi ti ricordo come andò a finire a maggio. Ma credo che tu lo sappia già».
Campioni d’Europa ad Atene, dove non avrebbero voluto farvi giocare perché eravate stati penalizzati.
«Acqua passata, cambiarono le norme. Ricordo anche che sempre nell’estate di Calciopoli stavamo per prendere Ibrahimovic, va bene, va bene, va bene. E quando finalmente Galliani riuscì a convincere Berlusconi, Zlatan si era già messo d’accordo con l’Inter».
Cosa dicevi della preparazione? «Oggi chi ha tre settimane a disposizione? Ne completi una e l’ottavo giorno sei già in volo per gli Stati Uniti o l’Oriente. Ci si allena giocando. L’importante è che, se si fissa una data, quella deve essere uguale per tutti».
Intendi per tutti i campionati? «No. In teoria l’Italia ha una tempistica differente, ho sentito che il picco dovrebbe essere tra poco.
In Inghilterra siamo in ritardo di alcuni giorni, in Spagna è davvero un casino».
Qualcuno ipotizza che Liverpool-Atletico Madrid a porte aperte possa aver avuto gli stessi effetti di Atalanta-Valencia.
«L’altro giorno ho sentito Klopp, mi ha detto che far giocare la partita in quelle condizioni è stato un atto criminale, penso che avesse ragione».
Abbiamo tutti molto più tempo per pensare.
«Stiamo vivendo una vita mai vissuta. I figli che si lamentavano dell’assenza dei genitori sempre al lavoro ora li hanno in casa tutto il giorno, le mogli che non vedevano il marito, e viceversa, sono a stretto contatto dalla mattina alla sera. Al di là dei possibili contraccolpi nervosi e di
«Nel 2006 dovetti richiamare tutti dalle ferie quattro giorni prima della partita. E vincemmo la Champions»
«Klopp mi ha detto che far giocare la gara tra Liverpool e Atletico è stato un atto criminale Per me ha ragione»