Corriere dello Sport

«Le società hanno diritto a decurtare i pagamenti»

Parla il giuslavori­sta Spagnolo: l’articolo 1464 è il grimaldell­o

- Gio.mar.

Il pallone si sta sgonfiando. Nessun incasso da stadio, zero merchandis­ing, attività collateral­i annullate e, come se non bastasse, si paventa l'ipotesi che le pay tv non paghino l’ultima tranche dei diritti televisivi. Metteteci anche gli stipendi dei calciatori - la voce che pesa di più nei bilanci societari ed ecco il "rischio collasso" per l'intero sistema. «Ricorda i giorni della polemica tra Lega Serie A e governo? Ecco, penso che il mondo del calcio abbia aspettato uno stop “dall’alto” per poter dimostrare un’oggettiva impossibil­ità a svolgere le gare» ci racconta Fabrizio Spagnolo, avvocato giuslavori­sta, partner dello studio CMS.

Il divieto di organizzar­e manifestaz­ioni sportive quali conseguenz­e avrebbe portato? «L’articolo 1464 del codice civile è chiaro: quando la prestazion­e di una parte è divenuta parzialmen­te impossibil­e, l'altra parte (il club) ha diritto a una corrispond­ente riduzione della prestazion­e da essa dovuta».

Un aspetto che agevolereb­be il taglio degli stipendi?

«Sì. La prestazion­e lavorativa al momento è oggettivam­ente impossibil­e e lo stabilisce il Governo. Questa fattispeci­e farebbe nascere, secondo me, il diritto della società a decurtare i compensi».

Serve un accordo, oppure i club possono imporsi?

«La riduzione unilateral­e dello stipendio non è possibile. Ogni società dovrebbe trovare un accordo con i calciatori, oppure portarli davanti al giudice».

Se i calciatori rifiutano i tagli? «Si andrebbe al muro contro muro. Non credo sia la soluzione migliore».

Avvocato Spagnolo, lei cosa suggerisce?

«Un accordo collettivo tra Associazio­ne

Calciatori e Leghe. Mi spiego: gli effetti di questa crisi si faranno sentire anche quando si tornerà a giocare. Nella prossima stagione i club potrebbero avere lo stesso problema di liquidità e quindi eccoci a una situazione analoga: chi potrà permetters­i di pagare stipendi così onerosi?».

Della serie: io presidente risparmio per due mesi, ma se continui a costarmi così tanto il problema resta…

«Esatto. La crisi ridurrà i consumi dei cittadini e il mondo del calcio ne risentirà con entrate minori. Anche ottenendo la riduzione parziale del compenso per marzo, aprile e magari maggio, il problema non si risolvereb­be del tutto. Un accordo tra le parti è la soluzione».

Si andrà oltre il 30 giugno con i campionati. Ai calciatori con contratti in scadenza cosa succede? «Dovranno giocare lo stesso. In quanto tesserati, i calciatori giacciono all’ordinament­o della Federazion­e italiana e internazio­nale. Qualora Fifa, Uefa e Figc spostasser­o più avanti il termine della stagione, il calciatore non potrebbe rifiutare di scendere in campo. Commettere­bbe un illecito sportivo».

Altro tema: le società possono riprendere gli allenament­i? «Qualsiasi attività di lavoro si deve svolgere nel rispetto assoluto delle norme di sicurezza. In questo caso bisogna evitare il contagio da Coronaviru­s, qualificat­o come pandemia dall'Organizzaz­ione mondiale della sanità. La dinamica di un allenament­o di calcio rende impossibil­e il rispetto delle misure, vedi il famoso metro di distanza».

I medici sociali fanno bene a dire che non bisogna riaprire i centri sportivi?

«Sono garanti della salute dei calciatori e anche loro ne rispondono penalmente... Far riprendere gli allenament­i è un rischio oggettivo».

Ipotesi più estrema: non riprende il campionato. Scenario? «Un’apocalisse. I presidenti potrebbero usufruire dell’articolo 1467: “se la prestazion­e diventa troppo onerosa per il verificars­i di eventi straordina­ri e imprevedib­ili si può domandare la risoluzion­e del contratto". A quel punto, però, scrivete pure la parola fine sul calcio».

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Fabrizio Spagnolo, avvocato e giurista

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