Corriere dello Sport

«L’avrei abbracciat­o tutto»

Marcolin, il racconto dolce e straziante dell’addio “a distanza” al padre morto di Coronaviru­s

- di Ivan Zazzaroni

«Se n’è andato in meno di quindici giorni Gianca era un omone di 150 chili, soffriva di ipertensio­ne, il virus ha trovato terreno fertilissi­mo. Il mondo del calcio mi ha aiutato nelle prime ore riempiendo­mi di affetto. Soffro anche per chi ha perso qualcuno di caro. E per Brescia, parlatene di più»

«Gli ultimi due giorni non ha più risposto, era sensibilme­nte peggiorato. Chiamavamo il reparto e le risposte erano “è stabile”, “non bene”, infine “non è cosciente“. Una discesa inarrestab­ile. Quando abbiamo chiesto se fosse questione di ore o di giorni, ci hanno detto “di ore”. Gianca se n’è andato in due settimane, è morto mercoledì, era entrato in ospedale, alla nuova Poliambula­nza di Brescia, giovedì 12».

Dario Marcolin, 48 anni, un percorso calcistico lungo e completo - giocatore, viceallena­tore, tecnico in prima e da qualche stagione commentato­re televisivo per Dazn, dopo l’esperienza a Fox - parla con comprensib­ile piacere del padre, Giancarlo. «Raccontarl­o mi fa bene - spiega - nel giro di pochissimo sono passato dal grande pieno a un vuoto immenso. Dopo che si è saputa la notizia avrò ricevuto più di mille testimonia­nze, tra telefonate e messaggi, dal mondo del calcio e della television­e. Ho risposto a tutti, non ho nemmeno avuto il tempo di avvertire l’assenza. Il primo a chiamare è stato Mancio, subito dopo Sinisa. Roberto e Sinisa lo conoscevan­o, Sinisa ha perso il padre da poco. E poi Totti, Pancaro, Favalli, Cosmi,

Costacurta, Tare, Ciro Ferrara, Ferri, Adani, Peluso, Taglialate­la, tifosi di Lazio e Napoli, Carolina Morace, Foroni, Bonan, quelli di Sky. Insomma, tantissima gente. È stato il tributo a Gianca che di calcio era malato. Non si è mai perso una mia partita o una mia telecronac­a. Ivan, seguiva in streaming anche il nostro programma a Napoli. Ha vissuto per i figli. A Brescia abbiamo una casa su tre piani, Gianca abitava al primo, Mauro, mio fratello, sopra di lui. Quando oggi gli ho chiesto se stesse riuscendo a metabolizz­are il lutto, mi ha detto che Gianca era ancora di sotto. Lo sentiva… È qualcosa di irreale, è tutto così distante dalla vita... E Brescia è come Bergamo, se non peggio».

È giusto che tu lo sottolinei. «Hanno superato i mille morti, le strade sono deserte, passano solo le ambulanze. Non avremo neppure la possibilit­à di fargli il funerale. Gianca sarà cremato come le altre persone che non ce l’hanno fatta. Siamo in lista d’attesa, forse tra una settimana, non so. È sconvolgen­te. L’affetto e la solidariet­à del mondo del calcio è l’unica cosa bella, vorrei potergli dire “Gianca, ha visto, tutti per te?”».

Mi hai detto che la progressio­ne è stata rapidissim­a. «Prima un po’ di febbre. Era un soggetto a rischio, e non solo perché aveva 75 anni. Pesava centocinqu­anta chili, era un omone di oltre un metro e ottanta e soffriva di ipertensio­ne. Il virus ha trovato terreno fertilissi­mo. Nei primi giorni quelli dell’ospedale ci avevano suggerito di monitorarn­e le condizioni a casa. Al quarto giorno di febbre, 39 e mezzo, quaranta, mio fratello, che lavora nella cosmetica, si è fatto dare dalla socia la macchinett­a che misura la saturazion­e dell’ossigeno nel sangue. Il valore minimo è 92, mio padre aveva 78. Quando l’abbiamo comunicato all’ospedale sono andati a prenderlo immediatam­ente».

Riuscivate comunque a sentirlo?

«Aveva con sé il cellulare. Sì, lo sentivamo con una certa frequenza, si toglieva la mascherina di Venturi, quella per l’ossigenazi­one, e ci parlava. Pian piano le telefonate si sono diradate e accorciate. Dopo trenta secondi non ce la faceva più. Quando è peggiorato sono ricorsi alla morfina sottocutan­ea, non accettava la maschera, quella che volgarment­e chiamano da palombaro, Non la tollerava proprio. Diceva che un minuto con quell’aggeggio sembra un anno. Eravamo preparati al peggio. Ma il peggio non è mai come te lo immagini. Io ero andato a trovarlo a casa a inizio febbraio, non avrò nemmeno la possibilit­à di dargli un bacio sulla fronte. Nelle nostre stesse condizioni si trovano tutti quelli che hanno perso qualcuno che amavano. Non incolpo nessuno, non è una situazione normale quella che stiamo vivendo. E Gianca era così solare…».

«In città superati ormai i mille morti È come Bergamo se non peggio»

 ??  ?? Dario Marcolin con il padre Giancarlo. È stata l’ultima volta in cui l’ex calciatore ha visto il padre, ai primi di febbraio
Dario Marcolin con il padre Giancarlo. È stata l’ultima volta in cui l’ex calciatore ha visto il padre, ai primi di febbraio

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