«SALVIAMO TU TTO LO SPORT»
Barelli: Subito nuove regole Siamo in guerra
«Il nuoto ha le sue criticità ma il discorso vale per tutti Le società devono avere accesso al credito»
L’ istruttore di nuoto non guadagna; il gestore dell’impianto non guadagna e in più spende per mantenere attiva la struttura, pena trovare le rane in acqua dopo una manciata di giorni. Nel momento in cui si ripartirà, il gestore dovrà ricominciare a pagare i suoi dipendenti ma non avrà le quote degli iscritti perché, nella migliore delle ipotesi, chi ha pagato da febbraio a maggio ovviamente non pagherà di nuovo. Come se ne esce?
«Così non se ne esce - spiega Paolo Barelli, presidente della Federnuoto - almeno non da soli. Si è fermato il mondo, non un singolo settore»
Soluzioni?
«L’aiuto del Governo, solo questo. Noi come Federnuoto abbiamo inviato ieri un documento con delle richieste precise. Abbiamo anche proposto che il fondo pluriennale sport e periferie venga indirizzato per riattivare, ristrutturare e mettere a norma gli impianti a partire da quelli destinati alle attività sportive di base e agonistiche. Questa è una guerra e come tale va trattata».
Non lo stiamo facendo? «Premesso che in giro non ci sono Einstein che a noi sono sfuggiti, io coinvolgerei tutte le migliori personalità del mondo economico e politico. Ma al di là di questo, servono soldi subito». Quanti?
«Almeno 100 miliardi. Non 25 o 50. E poi, restando al mondo sportivo, bisogna anche cambiare in fretta le regole. Ci sono passaggi che al momento le società sportive proprio non possono fare e lì bisogna intervenire. Le associazioni, le società sportive e le altre organizzazioni devono poter accedere al Fondo Centrale di Garanzia così da facilitare l’accesso al Credito Sportivo o alla Cassa Depositi e Prestiti».
Quindi non solo soldi a fondo perduto.
«Non solo o comunque non necessariamente. L’aspetto fondamentale per chi gestisce una struttura sportiva è avere la possibilità di dilazionare i pagamenti per riavviare tutta la filiera produttiva. Impossibile farlo con rate o scadenze fiscali sul collo. Serviranno soldi, mesi di tempo, piani di rimborso a lungo termine».
I numeri?
«Da fare spavento. Se il coronavirus incide, come dicono gli esperti, sul 10-15% del Pil italiano, vuole dire qualcosa come 200-250 miliardi di euro spariti da un giorno all’altro. Per questo serve un Governo di emergenza e una cura da cavallo». L’Europa quanto può contribuire?
«Ci sono due aspetti da considerare. Uno è quello della solidarietà europea: siamo tutti sulla stessa barca e questo può essere un vantaggio. Ma c’è il rovescio della medaglia: tutti i Paesi hanno bisogno di immettere soldi freschi: ognuno mette quelli che ha pensando comprensibilmente alle proprie esigenze e poi a quelle del resto d’Europa». E’ un problema solo del nuoto? «Macché. Il nuoto può avere in più la difficoltà della piscina ma sono tutti nella stessa situazione».
Lo sport di vertice è al sicuro? «Non scherziamo. Può essere al sicuro nel breve termine perché comunque i Centri Federali
continuano a funzionare e un minimo di attività per gli atleti di altissimo livello è garantita. Ma la forza dello sport italiano viene dalla base, da tutte quelle microrealtà che vengono esaltate quando arriva la medaglia e che oggi bisogna mettere in condizione di ripartire. E ricordiamo che quando si parla di sport, parliamo sempre di iniziative private. Che danno lavoro, creano indotto e, qualche volta, anche un campione. Ma questo, adesso, è un altro discorso».
«Abbiamo già inviato al Governo le nostre idee. Importante fare in fretta»
qualche naturale spiazzamento, trovo che sia una gran bella cosa. Bella e sana».
Tutto sta cambiando troppo rapidamente. «L’altro giorno ho letto che l’acqua della laguna di Venezia non è mai stata così chiara e pulita, anche l’aria è cambiata, uno spettacolo le strade vuote, quanto sarebbe bello se tutto questo non dipendesse dalla pandemia, se il prezzo non fossero migliaia di vite spezzate. Sembra una sorta di ribellione della Terra all’uomo. Se esplode anche internet siamo a cavallo. Fine della schiavitù dello smartphone, si torna ai rapporti personali. L’altro giorno ho letto che Zuckerberg si è detto preoccupato perché la rete sta andando in tilt per via del sovraccarico originato dai social. Ma magari! Lasciatemi coltivare questa illusione. Non c’è nulla di buono nel virus, soltanto dolore, disperazione, paura, timore per il futuro. Ma se si vuole trovare un lato positivo in tutto questo, beh, il ritorno all’educazione e a una vita di relazioni è quello augurabile».
Qualche giorno fa hai telefonato a un tifoso malato. «Mark, ha 52 anni, ha una malattia del motoneurone».
Gli ha detto “chiamami Carlo”.
«Se esplode anche Internet, torniamo ai rapporti personali e all’educazione Fine della schiavitù dello smartphone»
«Stiamo tutti vivendo una vita alla quale non eravamo abituati. Più problemi a Londra che a Liverpool»