CALENDARIO ALL’ARIA E IL SISTEMA RISCHIA
L’annus horribilis del Mondiale, che difficilmente partirà prima di luglio Le squadre sono già a far di conto con l’inevitabile calo dei proventi Troppo alto anche il tetto di spesa di 175 milioni in vigore dal 2021
La Formula 1 non lavora neanche più a un calendario, ma a più ipotesi di calendario. Non si sa quanti gran premi si correranno: 15-18 è l’obiettivo più alto (da 22 originari) e il vero problema oggi sono le date, perché non si potrà concentrare troppi eventi in cinque mesi, chiedendo alle squadre di saltare senza requie da un angolo all’altro del mondo. Né si può fissare alcunché, prima che i vari Paesi emettano leggi per il ritorno alla normalità sociale.
Con l’Azerbaijan è saltata anche la data del 7 giugno: non sarà possibile anticipare altre gare e dunque formalmente, a giudicare dai comunicati, il via è fissato per il GP Canada del 14 giugno. Ma ieri gli Stati Uniti sono balzati repentinamente al comando della sinistra classifica dei contagi: sono oltre quota 100.000 e gli organizzatori di Montreal hanno già deciso di chiedere un rinvio. Cominciare il 28 giugno in Francia sarebbe un successone, ma basta un nulla perché il Mondiale si avvii nella calura di luglio.
C’è il rischio che salti tutto? Questo magari no perché resta la possibilità di sconfinare in gennaio, ma l’emergenza sanitaria mondiale che è organizzativa per Liberty Media, è già economica per le squadre. Quelle maggiormente in salute - parliamo di Mercedes, Ferrari, Red Bull, McLaren - sono realtà solide, ma le altre tremano alla sola idea che i proventi del 2020 diminuiscano, come d’altronde è inevitabile.
1,4 MILIARDI AI TEAM.
Se l’anno scorso la Formula 1 ha distribuito ai team una pioggia di denaro - 1,393 miliardi di dollari (1,258 miliardi di euro) - è chiaro che con meno gare questa cifra calerà. Il problema oggi riguarda più i team che non la stessa Formula One Management, che detiene i diritti commerciali del Mondiale e ha costi relativamente bassi, anche in regime di fermo dell’attività: circa trecento dipendenti, meno di quanti ne abbia un piccolo team. Il vero disagio dunque non è tanto relativo alle uscite, quanto alla latitanza delle entrate.
Lo choc è quasi tutto dei team e per molti di essi la Formula 1 rimarrà al limite della sostenibilità, anche quando si sarà ripresa dal fermo sanitario. Il Mondiale che non riesce a nascere offre l’opportunità di cambiare il modello di business: il gioco così non regge, e farà fatica a reggere anche dal 2021 con il tetto di spesa fissato a 175 milioni di dollari. Tale cifra sembra una soluzione di maquillage perché non include voci pesantissime - stipendi di piloti e top-manager, motori, trasferte, marketing e comunicazione - e consente anche di sfuggire alle maglie del controllo facendo ricorso a terzisti, assegnando cioè compiti di ricerca e sviluppo all’esterno, ad altre aziende, magari anche all’interno dello stesso gruppo. Tutto compreso, non si finisce lontani dai budget attuali.
L’intero sistema dovrebbe funzionare con costi più bassi per tutti: organizzatori, squadre, Tv che acquistano i diritti, sponsor e anche le star del pilotaggio come Lewis Hamilton, che a Melbourne tuonava contro il dio denaro (applausi) ma ha in corso un’accanita trattativa con Mercedes, ritenendo non più adeguati 50 milioni all’anno.
Non è più sostenibile un sistema in cui un team è composto da milleduecento persone e investe mezzo miliardo all’anno: non lo era già adesso, figurarsi quando il mondo si rimetterà in piedi dopo il ko finanziario del coronavirus e proverà a riprendere a camminare. Lo farà con meno speditezza rispetto a quanto aveva fatto finora, peraltro già mostrando affanno.
ONDA LUNGA. La crisi è a livello mondiale e la Formula 1 non può chiamarsi fuori. I problemi non sono ora ma arriveranno sull’onda lunga del coronavirus, dopo questa guerra mondiale sanitaria e questo Mondiale la cui prima parte è finita gambe all’aria. Serviranno, come Flavio Briatore dice da tempo, risparmi che rendano l’intero giocattolo economicamente stabile: non più l’ingegneria ma lo show al centro, cercando regole che garantiscano il miglior spettacolo possibile al minor costo possibile. Via i motori supercomplessi, l’aerodinamica sofisticata, le gallerie del vento a tutto spiano, i simulatori (si torni a provare, con misura, così facendo vedere di più le macchine ai tifosi).
L’alternativa è correre il rischio che i grandi entrino in difficoltà, alcuni tra i medi e i piccoli cadano, e nessuno entri nel giro a sostituirli. Decisamente meglio una Formula 1 meno opulenta, che niente Formula 1.