Corriere dello Sport

Io resto a casa con la poesia

- Antonio Bucceri (Aquila39), Roma - gmail.com

caro Contempora­neo, ho finito di leggere il suo pezzo sul Corsport. Anch’io come lei (e Angiolino), ho fatto la guerra. Le racconto solo uno/due episodi. Il primo: Roma, luglio del ‘43. Ho un pagliaccet­to tricolore, sono addossato alla parete in un angoletto. La casa, la Città, trema tutto. Le bombe cadono a San Lorenzo, ma il Trionfale (allora vera periferia), non è poi così lontano. Il secondo: dietro il mio palazzo, una strada in salita. Al culmine, un garage. Dentro, autoblindo e camion tedeschi. Il giorno dopo, la mattina all’alba, stessa roba ma americana. La notte, i tedeschi sono fuggiti. Sono volati. Non li ha sentiti nessuno. Io sono sul portone. La Circonvall­azione è deserta. Da piazzale degli Eroi, una camionetta arriva sgommando. Fa la curva per imboccare la salita, e... cade una pagnotta di pane. La strada è vuota. E come canta Mina: (prima non c’era nessuno) la gente intorno a me per dividersi quella pagnotta. Mi sono rimaste poche briciole. Certo non sono colpi di mitraglia, non ho avuto “tanti ospiti” in casa. Credo che noi due possiamo dire di aver fatto la guerra.

Come Angiolino. Mi è rimasta, però, l’angoscia di quei momenti. Le file per il pane (la città è diversa). Il mangiare, male, una volta al giorno. Angoscia che, come Lei dice, stiamo rivivendo per questo nemico subdolo, invisibile. Come vede, siamo qui a raccontarc­elo. Mi faccia ripetere il mantra di questi giorni: ce la farare remo. A lei, un grazie dello spunto per i ricordi e, per la condivisio­ne dei medesimi. Ho passato una mezz’ora serena con lei.

Anche lei mi solleva lo spirito. Ho letto che sui giornali “di carta” perdiamo tempo con i lettori vecchi (non solo con i vecchi lettori). Sono sicuro che saranno i primi a riportarci a tempi migliori. La fedeltà è una ricchezza.

Caro Cucci, mamma che freddo! Per essere quella guerra che tu hai raccontato mancherebb­e un ronzio di aerei e il tuono delle bombe, sperando non colpiscano noi. Ma, come tu hai detto, a quelle, sorte compresa, si scampava meglio dello speciale virus fantasma che può cogliere ormai in tutto il mondo senza che lo si senta nè si veda. Che maledizion­e! Una gran bella trovata della natura che, quando vuole essere cattiva, non c’è santo nemmeno raccomanda­to che tenga! Nelle tue pagine di guerra ho trovato molte analogie con ciò che mi raccontava mio padre (lui s’è fatto Spagna, Albania e Grecia, molte ferite, notti da incubo sino agli ultimi suoi dieci anni fa nel ricorrente svegliarsi pensando di spaMio

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