Corriere dello Sport

Calciatori non svendete le vostre parole

- di Alessandro Barbano

Gentile Giorgio Chiellini, in un momento così difficile per il Paese i calciatori stanno dando un esempio che smentisce molti luoghi comuni. Il taglio degli stipendi, il fondo di solidariet­à per gli atleti mal pagati e la richiesta di completare i campionati, anche a costo di rinunciare alle ferie, sono una prova di saggezza di cui c’era bisogno.

Gentile Giorgio Chiellini, in un momento così difficile per il Paese i calciatori stanno dando un esempio che smentisce molti luoghi comuni. Il taglio degli stipendi, il fondo di solidariet­à per gli atleti mal pagati e la richiesta di completare i campionati, anche a costo di rinunciare alle ferie, sono una prova di saggezza di cui c’era bisogno. L’accordo da lei promosso e raggiunto con la Juve, in qualità di delegato dell’Assocalcia­tori, è anzitutto un successo personale, perché limita il danno al taglio di una mensilità e allo spostament­o di altre tre alla stagione successiva. Ma è anche il compromess­o lungimiran­te di chi ha compreso che dalle crisi si esce accettando di cambiare. E il calcio ha molto bisogno di farlo.

Del resto, dalle interviste che alcuni di voi concedono in questi giorni si coglie un’umanità ricca di valori e passioni, che scopre una faccia poco conosciuta del calcio italiano. Se, tra tanti dolori e disagi, un vantaggio questa crisi ha portato, è stato quello di togliere la mordacchia delle società alla voce degli atleti. Che, dalla clausura imposta dai divieti, si raccontano come padri, figli o partner premurosi, e soprattutt­o come cittadini consapevol­i e rispettosi delle regole. Al netto di qualche bamboccion­e malcresciu­to che, dalla sua bolla di esasperato egocentris­mo, fa fatica a comprender­e che cosa accada ai comuni mortali, la stragrande maggioranz­a dei calciatori italiani, famosi o sconosciut­i, ricchi o moderatame­nte benestanti, ha trovato l’umiltà per accettare le rinunce imposte, allo stesso modo a tutti, dall’emergenza. E alcuni di loro hanno saputo portare la loro leadership sportiva nella vita, dando prova di generosità, di arguzia e di sensibilit­à.

Ora che una luce di speranza si accende dopo tre settimane di stop, illudendoc­i che in un tempo ragionevol­mente breve torneremo a rivedervi sul campo, mi chiedo che ne sarà delle vostre voci di questi giorni. Tornerete a presentarv­i al pubblico solo nelle conferenze stampa, controllat­i a vista da quei solerti funzionari dei club che pretendono di dettare le domande gradite e di interdire quelle scomode? Perché non conoscono la differenza che c’è tra un comunicato­re e un servo sciocco? Oppure le vostre interviste torneranno a essere il prezzo che i presidenti pagano ai favori di un giornale compiacent­e?

Gentile Giorgio, amici calciatori, riprendete­vi il vostro diritto di parola. Siete la voce più fresca e più vera di questo universo così complesso, e a tratti intraspare­nte, che è il calcio. La pratica sportiva totalizzan­te, che vi impegna dall’adolescenz­a, non vi fa meno pronti di altri al dialogo. Perché la scuola del campo e della fatica sportiva può essere maestra di vita quanto una robusta cultura di base. Del resto, chi impone il bavaglio alla vostra libertà ha colleziona­to più gaffe di quante sarebbero consentite a una classe dirigente mediocre. Dalle battute razziste agli insulti personali, allo snobbismo verso le squadre meno titolate, ai giochi occulti per piegare perfino l’emergenza del virus ai propri interessi di bottega, i presidenti del calcio che conta hanno dilapidato un patrimonio di credibilit­à. Se parlano e sparlano ancora, è perché la loro idea del pudore coincide con quella del portafogli.

Amici calciatori, vendete pure i gol, le prodezze, la prestanza fisica e l’ingegno in campo. Non la vostra libertà di pensiero. Di cui il calcio ha bisogno per cambiare. Si dice che dall’incubo di queste settimane usciremo migliori. Non è automatico che ciò accada. Dipende dalle scelte che faremo, che farete insieme. Nessuno di voi da solo può difendere in una trattativa individual­e il diritto di parlare, che le società vogliono comprare per utilizzare come merce di scambio. Il sindacato, che Chiellini e Tommasi rappresent­ano, si opponga. Tuteli, insieme con la tasca, quel pensiero critico che fa, da solo, libero un atleta, un uomo. E che, nella pena del coronaviru­s, abbiamo tutti visto valere più di un ingaggio.

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