NON DI SOLA SERIE A VIVE IL NOSTRO CALCIO
La questione del taglio degli stipendi continua a tenere banco nel panorama calcistico italiano È necessario tracciare una netta linea di demarcazione tra i top club e le altre squadre e soprattutto tra il campionato principale e il resto del movimento
Questione stipendi, ritengo che la questione andrebbe impostata in questi termini:
Nel caso in cui si potesse riprendere, occorrerebbe tracciare una netta linea di demarcazione tra i top club e le altre squadre e soprattutto tra la serie A e tutto il resto del movimento, e mi riferisco anche ai dilettanti della D, categoria che nella stragrande maggioranza dei casi, se non in tutti, è fatta di gente, e non solo i calciatori, che vive del solo rimborso spese.
Dal punto di vista contrattuale non si può forzare la mano perché esistono molte clausole, tra cui ad esempio le norme legate alla malattia o alla sicurezza sui luoghi di lavoro, che salvaguardano la posizione dei calciatori. Tutte le soluzioni ipotizzate in questi giorni porterebbero alla risoluzione del contratto con il susseguente “libera tutti” e non credo che ciò convenga alle società.
Certamente tutti quelli che guadagnano oltre una certa soglia, devono compiere un gesto concreto di condivisione della crisi a tutela dell’intero sistema. E quando dico tutti mi riferisco proprio a tutti, non solo i calciatori. Parlo ad esempio degli agenti (pensiamo ai 12 milioni di euro spesi per le commissioni legate al caso Ronaldo), parlo delle stesse società che gonfiano il valore dei calciatori per determinare plusvalenza fittizie, parlo di alcuni dirigenti o manager. Tutti devono contribuire attraverso una rinuncia ad una parte dei propri emolumenti che devono essere utilizzati per salvaguardare l’integrità dei guadagni di chi non gode di questa posizione privilegiata e quindi dei colleghi di lega Pro e dei dilettanti permettendo alle società di queste categorie di non scomparire.
Occorrerà concordare, il più omogeneamente possibile, cioè Lega per lLega o squadra per squadra o infine singolo per singolo, con la società di appartenenza le modalità di tale “rinuncia/contributo”.
E’ lecito per le società provare a farsi “aiutare” dalle istituzioni statali agendo sulle leve fiscali ricordandosi però la tragedia che sta vivendo il Paese e che il calcio non rientra tra le attività primarie o indispensabili del paese. Ulteriormente differenti si presentano gli scenari con riferimento alle altre discipline sportive, perché non esiste solo il calcio, nelle quali le cose si complicano ancora di più, vista l’esistenza di situazioni non regolamentate, legate all’annoso problema del lavoro sportivo di fatto.
Noi avvocati siamo pronti a fare la nostra parte prestando tutta l’assistenza necessaria caso per caso a tutte le categorie coinvolte e, ripeto, i casi da tutelare sono tra di loro molto diversi.