«Il Cosenza lotta contro l’emergenza Ma se non si riparte è crisi per tutti»
Trinchera: «Il problema sarà aiutare i club che verrebbero penalizzati a cascata»
Si trova nella sua casa in provincia di Lecce, Stefano Trinchera. E’ lì che sta trascorrendo il “riposo forzato” in attesa di conoscere l’evolversi della situazione che riguarda il campionato. Il tutto legato agli sviluppi del contagio da Coronavirus. Intanto i calciatori, anche loro chiusi nelle rispettive case, cercano di tenersi in forma grazie ai programmi personalizzati stilati dallo staff tecnico. Rivière e Machach si trovano in Francia. Fuori città ma nei propri domicili pure Legittimo, Bahlouli, Casasola, Pierini, Schiavi e Prezioso. Staff tecnico rappresentato attualmente dal giovane Roberto Occhiuzzi dopo l’uscita di scena di Bepi Pillon per «scelta di vita». Sarà proprio Occhiuzzi, se e quando ripartirà il campionato, a prendere in mano le redini della prima squadra in panchina. Cosenza posizionato al penultimo posto in classifica con 24 punti.
Secondo lei direttore Trinchera, esistono le condizioni per riprendere a giocare nel nostro Paese?
«In un momento così triste e delicato - spiega il dirigente del club silano -, penso che la priorità sia salvaguardare la salute di tutti e la qualità della vita delle persone. Quindi affidarsi a scienziati, medici e ricercatori per cercare di sconfiggere l’epidemia, tornando alla vita di tutti i giorni e alla passione per il calcio. Per quanto riguarda il discorso relativo alla ripresa del campionato, anche se non è ipotizzabile azzardare qualcosa di sicuro per l’attuale situazione, penso sia difficile al momento riprendere a giocare».
Con la sospensione dei campionati si parla pure del taglio degli stipendi. In serie A a fare da battistrada è stata la Juventus. In Serie B cosa potrebbe succedere?
«Credo che tutte le società debbano avere il sostegno dello Stato e delle Istituzioni con aiuti economici e sgravi fiscali. Da una parte si cercherà di dare disponibilità economiche, dall’altra dovranno esserci delle rinunce».
Se i campionati non dovessero ripartire la serie B, al pari delle altre categorie, accuserebbe una perdita economica non indifferente e molti club andrebbero in gravi difficoltà. Cosa fare?
«Se così fosse il sistema sarebbe penalizzato a cascata. Mancate fatturazioni, niente sponsor, niente diritti televisivi e mancata vendita dei biglietti porterebbero le società verso il tracollo. Il tutto potrebbe ripercuotersi sui presidenti che, oltre che di calcio, sono proprietari di aziende ed attività che ne risentirebbero. Il rischio è notevole».
Quale può essere la tutela dei calciatori e dei tesserati, ci spieghi direttore?
«I giocatori hanno paura di riprendere e sono spaventati, questa la verità. Prima della trasferta di Verona col Chievo, molti non volevano partire. Poi i vertici della Lega ci hanno tranquillizzati, ma era il periodo in cui il focolaio in Veneto era già esploso (9 marzo, ndc). Da una parte la voglia c’è. Dall’altra la paura dell’epidemia e di contrarre il virus è molto forte».
Cosa bisogna fare adesso? «Chi deciderà il da farsi, e mi riferisco a chi ha in mano le redini del calcio, avrà una responsabilità enorme. Qualsiasi decisione dovesse prendere, in un senso o nell’altro».