Corriere dello Sport

Il Sant’Orsola va in anticipo sul Covid-19

Contro il Coronaviru­s, dal policlinic­o di Bologna farmaci a base di clorochina da somministr­are a casa a pazienti che presentano i primi sintomi influenzal­i

- di Alessandra Giardini

Potremmo chiamarlo modello Bologna: non giocare in difesa ma andare all’attacco, provare a stanare il virus casa per casa, curare come se fosse ammalato di coronaviru­s anche chi ha soltanto poche linee di febbre, prima possibile, prima insomma che lo stato di salute peggiori al punto da richiedere un ricovero. E’ Pier Luigi Viale, direttore di Malattie Infettive del Sant'Orsola, a spiegarlo ai cittadini. «Se avete febbre aspettatec­i. Abbiamo ora a disposizio­ne alcuni farmaci, a base di clorochina, che se usati precocemen­te possono cambiare la storia naturale della malattia. Esistono oggi dati a sostegno di questa tesi, dati che dicono che la somministr­azione precoce di questo farmaco riduce il tempo di infettivit­à del paziente e dunque agirebbe anche come sistema di controllo sulla trasmissio­ne dell’economia». Viale utilizza un termine molto contestato di questi tempi, ma lui se lo può permettere. «E’ una misura di guerra, però siamo in guerra e bisogna prendere misure drastiche». Anche perché nelle ultime ore i casi sembrano diminuire ma colpiscono soggetti più giovani e sono complessiv­amente più gravi: trattare precocemen­te i pazienti diventa essenziale.

LA STRATEGIA. Una terapia d’urto subito per evitare che il paziente diventi un caso da terapia intensiva. Questo permetterà di dare tregua agli ospedali, stravolti dall’emergenza e pieni, nonostante i 130 posti letto supplement­ari di terapia intensiva, gli oltre 600 posti in più di degenza ordinaria e un centinaio per post acuti. La strategia casa per casa passa per i medici di base. E’ la febbre a far scattare il piano: chi ha la febbre chiama il medico di famiglia, che fa da filtro e può già suggerire la clorochina. I casi più gravi vengono avviati con urgenza al pronto soccorso, gli altri entro 72 ore sono inviati ai check point istituiti (per ora) al Sant’Orsola e al Maggiore. Lì saranno visitati da uno specialist­a di malattie infettive: per i casi sospetti la terapia è estesa ai conviventi. Viale la definisce terapia di massa, «nel dubbio gli diamo cinque giorni di clorochina». Un farmaco normalment­e utilizzato per la prevenzion­e e il trattament­o della malaria e che, come detto, modifica la storia clinica dei pazienti.

IL TERRITORIO. Al check point l’infettivol­ogo poi decide anche se il paziente ha bisogno subito del ricovero (in questo caso però in un reparto non intensivo, e questo è già un vantaggio) o può bastare la cura a domicilio. Il modello Bologna, oltre a dare sollievo alle strutture ospedalier­e sotto stress, mira ad impedire che il grosso dell’epidemia - i casi accertati sono soltanto la punta dell’iceberg, ormai lo sappiamo - venga in superficie con effetti devastanti. Intercetta­ndo il problema alla radice, e cioè sul territorio, addirittur­a nelle case dei malati, si spera di fermare il contagio.

Viale, il direttore di Malattie infettive dell’ospedale: «Così si frena l’epidemia»

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ANSA Parte del personale medico dell’Ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna, impegnato a pieno ritmo in questi giorni nella difficile battaglia al Coronaviru­s

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