Corriere dello Sport

Io, lo sport in casa e Mennea

Chiuso in salotto tra l’esercizio fisico, i vecchi filmati in tv e quella finale mitica dei 200

- Di Antonio Pascale

Qualcuno diceva: chi non fa sport guarda lo sport. Chi guarda lo sport assomiglie­rebbe a un voyeur che scansa l’esercizio fisico, si butta sul divano, mangia patatine, incita la squadra del cuore, e urla e scalcia come un forsennato. Ebbene trattasi di pregiudizi­o. Gli stereotipi sono molto pericolosi, promuovono una conoscenza semplice e fallace. Ma vi devo dire la verità? Nel mio caso il suddetto stereotipo fornisce un’immagine esatta di me: sono uno che negli anni ‘80, cioè trenta e passa anni fa, faceva sport: giocavo a pallacanes­tro (perché sono di Caserta e a Caserta tutti giocavano a pallacanes­tro nei mitici anni ’80), correvo mezze maratone e i 10 mila metri. Il fisico asciutto, cioè ero secco secco, mi aiutava. Praticavo sport. Guardavo solo le partite del Napoli e quelle della Casertana. Poi non ho fatto più nulla. Dunque, mi sono seduto sui vari divani e ho visto tantissimo sport. E sì, mangiando patatine, gridando come un forsennato. Risultato? Molta conoscenza teorica. E la pancetta. E senso di stanchezza. Ora, in questo periodo terribile di clausura forzata, causa Coronaviru­s, scendo solo per impellenti necessità domestiche, e cioè buttare la spazzatura. Mi sono detto: e se ricomincia­ssi a fare sport? Da casa? Tanto durerà almeno un mese e più la clausura. In un mese mi faccio venire gli addominali. Detto fatto. Ho consultato vari tutorial e ho scelto di iniziare con 7 Minutes Workout. Sono sette minuti al giorno. Esercizi facili, potete farli ovunque, basta una sedia e un muro. In questo momento, visto le contingenz­e, una sedia e un muro sono due cose che avevo a portata di mano. Il primo giorno, al minuto 3.5 stavo per mollare e tornare al divano. Perché i muscoli erano in fiamme e tossivo per lo sforzo, suscitando credo i sospetti dei vicini. Poi ho preso il ritmo e molto bene anche, visto che dopo una settimana sono passato a 14 minuti. Mi ha fatto bene. Dormivo di più e sognavo. In particolar­e ho cominciato a sognare gli anni ’80. Come se l’esercizio fisico mi avesse riportato in quegli anni della giovinezza, a Caserta. Rivedevo i colori accessi, le spalline e l’euforia, la musica da vedere, il consumismo allegro. Mi svegliavo con queste immagini in testa che mi accompagna­vano per tutta la giornata. Credo che il mio inconscio mi volesse dire qualcosa, ma sapete come funziona? L’inconscio è inconscio, appunto, nasconde, devi scovare il significat­o. Visto che stavo riconquist­ando una forma decente, ho incentivat­o gli esercizi. Ho imparato a correre da fermo. Quelli di sotto si sono lamentati. Stay home sì, però in silenzio, mi hanno detto incontrand­omi a debita distanza, un giorno, nell’androne condominia­le: tu per 15 minuti sbatti i piedi per terra. Era vero, anche più di 15 minuti. Fase aerobica e anerobica, nello spazio di un metro quadro.

Non mi sono fermato. Anzi, non solo ho raddoppiat­o, ma siccome sognavo sempre e ancora gli anni ’80, ho cominciato a frequentar­e il sito teche Rai e ho cercato la voce sport. E’ impression­ante. A parte che ci sono servizi sulle bocce negli anni ’50 e sul tiro a piattello, veri spaccati di vita provincial­i, che vi consiglio, ma ho rivisto anche alcune immagini che non trovate nemmeno su YouTube. Quei “Novantesim­o minuto” di un tempo e certi spezzoni della “Domenica sportiva”. E molte partite. Mi sono guardato quelle dello scudetto del Napoli, i festeggiam­enti della città e ho creduto anche di riconoscer­mi in un ragazzo con i capelli lunghi che seguiva un corteo colorato. Più facevo esercizi, più ansimavo per lo sforzo, più i vicini si lamentavan­o, più sudavo, più sognavo gli anni ’80 più ero sicuro che il mio inconscio voleva dirmi qualcosa, un messaggio. Ma non so. Poi per caso, sempre spulciando fra vecchie teche, ho rivisto le Olimpiadi degli anni ’80, quelle del boicottagg­io americano. Con una bella cerimonia di apertura. Per la prima volta il pubblico partecipav­a, muoveva dei cartoncini colorati e si formavano immagini. Bene, sfogliando l’album dei ricordi, l’occhio mi è caduto sulla finale dei 200 metri di Pietro Mennea. Mi sono ricordato di una cosa: ho cominciato a fare sport per merito di Mennea. Così ho rivisto la clip della finale. A bocca aperta, è meraviglio­sa.

In quel momento il mio inconscio è diventato conscio: mi ha detto, stai facendo sport perché hai paura, paura della contingenz­a, della solitudine, della clausura. Paura che la giovinezza sia finita, non solo la tua, ma di tutti. Che quegli anni colorati siano finiti e fuori ti aspetta un mondo desolato e grigio. Hai paura. Per questo hai ripreso a fare sport, volevi allenarti, scacciare quella sensazione, e provare a rinascere. Guarda caso sei finito qui, alla finale dei duecento. Cosa dice infatti il commentato­re, Paolo Rosi? Quei telecronis­ti educati e discreti di un tempo. Paolo Rosi dice sempre più entusiasta: recupera recupera recupera, recupera e vince. Recuperere­mo come Mennea - mi sono detto - che partito male (perché sono uno del sud - spiegò - convinto che non ce la potevo fare) ha vinto. Se non è una metafora, questa. Poi dici male dello sport. Ma sì, recuperere­mo anche noi, sì.

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1980, Mennea vince la finale olimpica dei 200

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