Wimbledon ciao al 2021
Annullato anche il mitico torneo per non giocare a porte chiuse Era successo ai tempi di guerra
Oggi sarà un giorno triste per il tennis. L’All England Club, con tutta probabilità, a meno di ripensamenti dell’ultimo minuto, con dolore ma forte della propria solidità politica e assicurativa, annuncerà l’annullamento di Wimbledon. Il torneo che dal 1877 rappresenta le radici, la storia, l’immagine, la tradizione del tennis. La data di inizio dei Championships era fissata per il 29 giugno. Mancano ancora tre mesi ma la situazione sta precipitando anche in Inghilterra, dove è positivo, fra i tanti, il premier Boris Johnson. Ufficialmente la data di ripresa delle gare resta fissata al 7 giugno, ma è ormai chiaro che a rischio è l’intera stagione del tennis, almeno fino ad autunno inoltrato. Nelle scorse settimane ci sono state trattative frenetiche fra All England Club, federtennis inglese, Atp, Wta e Itf che, indignate dalla decisione unilaterale del Roland Garros di spostarsi a settembre, minacciano di togliere i punti agli Slam colpiti da tentazione ‘autarchiche’. Wimbledon comunque aveva margini di manovra decisamente più ristretti. Dopo aver scartato l’idea di giocare a porte chiuse (ci sarebbero problemi con la copertura assicurativa, e comunque molti giocatori non avrebbero potuto raggiungere Londra), l’ultima ipotesi rimasta sul tavolo era quella di un rinvio a inizio agosto, nel periodo lasciato libero dalle Olimpiadi di Tokyo. Ma anche in questo caso le controindicazioni sono tante. Dalla - relativa - difficoltà di ipotizzare lo svolgimento di tre Slam nel giro di poco più di un mese (sempre che a New York si giochi e Parigi non venga costretto ‘con le cattive’ a tornare sui propri passi), a quella della manutenzione fuori stagione dei campi in erba, per arrivare alla riduzione delle ore di luce utili per giocare. Senza considerare le inevitabili proteste che arriverebbero dagli abitanti del quartiere, del cui parere il Club deve tenere conto. Con Wimbledon è destinata a sparire anche tutta la stagione sull’erba, che del resto è soprattutto finalizzata alla preparazione per i Championships. «Wimbledon ha le sue regole, dovute all’erba e alle ore di luce», ha spiegato due giorni fa il vice-presidente della federtennis tedesca Dirk Hordoff. «Giocare in settembre o ottobre, quando nessuno sa se è possibile giocare sull’erba, e con le attuali restrizioni sui viaggi internazionali, è totalmente irrealistico. Io faccio parte anche di Atp e Wta, e so che la decisione è stata presa e sarà comunicata mercoledì 1 aprile». E purtroppo in questo caso il ‘pesce’, ma atroce e tutt’altro che divertente, lo ha giocato al mondo il Coronavirus.
«Wimbledon però è stato l’unico Slam che anni fa è stato abbastanza previdente da assicurarsi contro la possibilità di una pandemia - ha aggiunto Hordoff - quindi i danni economici per il torneo, che comunque ha sufficienti riserve per parecchi anni a venire, saranno ridotti al minimo». Diverso è il discorso per gli altri tornei, grandi e piccoli, che non si sono ancora arresi alla cancellazione - Internazionali d’Italia compresi - e si stanno affannando per trovare una soluzione. Di scenari se ne stanno disegnando tanti: dalla compresenza di varie stagioni parallele in Europa e Asia (dove in autunno sono previste importanti tournée sia maschili sia femminili) allo spostamento indoor di alcuni appuntamenti (ci sta pensando anche la Fit, con Torino, che così avrebbe una sorta di anticipo delle Atp Finals). Ovviamente la priorità è proteggere gli appuntamenti più grandi ma la vera difficoltà che ostacola ogni pianificazione è l’impossibilità di definire una data di ripartenza. Luglio inoltrato? Agosto, con una stagione condensata di cinque mesi e tornei anche sotto Natale, nella tradizionale pausa invernale? Impossibile dirlo, anche perché il contagio procede a macchia di leopardo. Paradossalmente oggi la zona più indicata per ricominciare in autunno sarebbe quella da dove è partito tutto: la Cina.
E Parigi, che ha scelto una data in autonomia, rischia di non dare punti