Corriere dello Sport

Tottenham, tagli ai dipendenti «Poi ai giocatori»

- Di Gabriele Marcotti

Come ci si salva?

«Con responsabi­lità, avendo una visione che non sia più personale, ragionando da comunità. Lo so, è dura. Ma proprio ora bisogna fissare regole precise, trasforman­do questa emergenza in un’opportunit­à di rilancio».

Proposte?

«Uno: stabilire che il tetto contrattua­le di una società non deve essere superiore al 50% del fatturato. Due: prevedere che il 20% di questo fatturato vada in infrastrut­ture. Tre: prevedere che il procurator­e venga pagato direttamen­te dal suo assistito, non dalla società. Non può più esistere la situazione in cui un agente porta ad un club un giocatore svincolato e si fa pagare 2-3 milioni di euro. Sono storture che incrinano i rapporti. Dico: il calciatore è un profession­ista, allora in una nuova situazione dovrà anche essere investitor­e del proprio talento. Credo che con queste tre sole mosse si porrebbero le premesse per un sistema equilibrat­o e solido anche nel tempo».

Domani i vertici della Premier League si riuniranno in videoconfe­renza per discutere della spinosa questione dei tagli agli stipendi di giocatori e allenatori. Ma c'è già chi si è mosso d'anticipo ed è subito polemica. Il Tottenham ha infatti annunciato che i circa 550 dipendenti del club giocatori e staff tecnico di Mourinho esclusi - si sono visti ridurre le buste-paga per i mesi di aprile e maggio del 20 per cento. Una mossa che ha fatto discutere: perché Daniel Levy, presidente esecutivo del club, ha ricevuto una compensazi­one di 8 milioni l'anno scorso, bonus inclusi; e perché sembra un modo per costringer­e i giocatori ad accettare simili condizioni, come ammette lo stesso Levy: «Decisione difficile per proteggere i posti di lavoro. Grandi club come Barcellona, Bayern e Juventus hanno preso misure analoghe con i loro giocatori. Mi auguro che tutti facciano la loro parte». Pure Newcastle e Norwich City hanno messo in cassainteg­razione buona parte dei loro dipendenti, impegnando­si però a versare la differenza tra quello che paga lo stato e quello che percepivan­o prima della crisi.

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