DJURIC NON SI FERMA MAI «SALERNITANA, CI SONO»
L’attaccante vive nella sua casa con moglie e bambini Ma si prepara per la ripresa una volta battuta la pandemia «Mi alleno ogni giorno rispettando il programma dello staff tecnico L’infortunio è ormai alle spalle»
Acasa. Come tutti. Sperando che il pallone riprenda presto a rotolare sul campo di calcio. Milan Djuric è a Salerno con la famiglia, ma i suoi genitori vivono a Pesaro, una delle zone più colpite dall’epidemia. Preoccupazione e speranza s’intrecciano nella sua giornata, scandita da orari precisi e da impegni fissi.
Come sta vivendo questo periodo, Djuric?
«Con grande difficoltà, come tutti. Avendo due bambini, Alice e Cristian, le mie giornate sono piene. Gioco con loro, con la palla o con la moto, poi la sera a mezzanotte crollo. Esco ogni dieci giorni per fare la spesa, con guanti e mascherina».
Molti dicono che questa vicenda sia simile a una guerra. Lei aveva un anno quando la sua famiglia decise di scappare dalla guerra in Bosnia per trasferirsi in Italia. «Sicuramente, da quello che mi hanno raccontato, è una situazione molto simile. Tuttavia, in guerra a grandi linee conosci il tuo nemico, qui più che stare in casa non puoi fare perché il nemico è invisibile. Inoltre adesso, rispetto a trent’anni fa, grazie alla tecnologia puoi anche svagarti un po' di più, sebbene sia dura essere costretti a stare in casa».
Ci racconta la sua giornata? «Sveglia alle 8,30, colazione con i bambini e subito i compiti. Alice, che ha sei anni, partecipa a queste videolezioni a distanza. Dopo un’ora e mezza circa andiamo tutti in terrazzo a giocare, magari anche col pallone. Poi pranzo, un breve riposino e successivamente i novanta minuti di lavoro che devo svolgere secondo il programma inviatoci dal mister e dal preparatore. Poi di nuovo tutti a giocare un pò, quindi la cena. In serata con mia moglie guardo qualche film o qualche serie che ci piace e poi a nanna».
Come spiega questa vicenda ai bambini?
«Alice comprende tutto e quindi sa che c’è questo virus e che bisogna stare a casa. Il più piccolo segue la sorella e quindi siamo a posto».
Come gestisce l’ansia? «Cerco di pensarci il meno possibile. Da casa mia riesco a vedere il mare e tutta la città. Questo mi aiuta un pò. Le preoccupazioni ci sono, è ovvio, soprattutto per i miei genitori, che sono a Pesaro. Anche loro sono chiusi in casa e stanno bene. Anzi, loro sono contenti che io sia qui a Salerno, dove tutto sommato la situazione è migliore».
Lei sta promuovendo la raccolta fondi per l’ospedale San Salvatore di Pesaro.
«Quella di Pesaro è una piccola provincia, che tuttavia è stata colpita duramente dal virus. In questa fase è necessario dare una mano e quindi ci siamo mossi per aiutare Pesaro e l’ospedale».
Si pensa anche alla ripresa dell’attività agonistica. Come sarà?
«Ora bisogna pensare innanzitutto a debellare il virus, anche se noi non vediamo l’ora di tornare al campo. La ripresa non sarà facile, ci saranno tante partite consecutive in poco tempo. E probabilmente si giocheranno a porte chiuse perché sarà troppo presto per avere i tifosi sugli spalti. Per un calciatore le porte chiuse non sono una bella cosa perché il calcio non è solo correre o fare gol, ma sarà purtroppo necessario».
Cosa pensa della probabile decurtazione degli ingaggi per voi atleti?
«Noi siamo in una fascia privilegiata e quindi va bene. Ma bisognerà trovare un’intesa sulla percentuale del taglio, che dovrà variare in base alle categorie e singolarmente. Questo dovrebbe riguardare tutti quelli che in Italia hanno redditi alti».
Ci eravamo lasciati con Djuric alle prese con problemi fisici. Ora?
«Ho avuto una piccola frattura al piede, ora sembra tutto a posto. Sto provando qualche movimento, mi sembra tutto ok».
Quanto le manca il campo? «Tanto. Mi mancano le partite, gli allenamenti, i compagni, qualche battuta, la tensione della gara, la voglia di prevalere sugli avversari. E mi manca il calore dei tifosi. Voglio fare i complimenti a Salerno, in giro vedo pochissima gente. I salernitani sono cittadini modello. Poi c’è il Governatore De Luca col suo pugno duro: fa bene, condivido le sue idee, perché se lasci uno spiraglio qualche incosciente s’infila».
«Questa è una guerra molto simile a quella vissuta dai miei in Bosnia» «I miei genitori vivono a Pesaro. Ho aiutato l’ospedale di una città colpita»