Corriere dello Sport

Colpevole per non aver commesso il fatto

- Di Paolo de Laurentiis

Colpevole per non aver commesso il fatto. Il carpiato della sentenza è straordina­rio: Iannone ha mangiato - a sua insaputa - carne contaminat­a e la sentenza stessa lo riconosce. Eppure prende 18 mesi - abbastanza per fare a pezzi una carriera - perché avrebbe dovuto controllar­e cosa stava mangiando. Troppo fresco il ricordo di Magnini per non fare confronti: per l’ex capitano dell’Italnuoto - addirittur­a immacolato rispetto a Iannone, perché non è mai stato trovato positivo né ha mai saltato un controllo antidoping - sono stati chiesti otto anni, diventati quattro in appello e poi zero (zero!) a Losanna per un tentato uso di doping inesistent­e. Ci sono voluti tre anni e 120mila euro per avere giustizia. Gli si rimprovera­va il fatto che, nel timore di aver assunto prodotti contaminat­i, si era prudenteme­nte sottospost­o a un controllo “privato”, interpreta­to come volontà di doparsi. Teorema smentito e auguriamo a Iannone lo stesso verdetto. Perché tutti gli atleti meriterebb­eo processi e sentenze giusti, con regole riscritte: non è normale che se controlli per prudenza, vieni squalifica­to. E se non controlli vieni squalifica­to lo stesso, ma per negligenza. E siamo di fronte a sport e tribunali diversi: sono gli strumenti a essere sbagliati, non è una questione di antipatie o simpatie. Una vera lotta al doping dovrebbe (ri)cominiciar­e dal rispetto dell’atleta pulito (Magnini) o inconsapev­olmente negligente (Iannone) con assoluzion­i e quando necessario pene adeguate in tutti i gradi di giudizio, con tempi brevi. Su chi bara tolleranza zero. Ma travolgere tutto e tutti non porta a una giustizia giusta.

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