Colpevole per non aver commesso il fatto
Colpevole per non aver commesso il fatto. Il carpiato della sentenza è straordinario: Iannone ha mangiato - a sua insaputa - carne contaminata e la sentenza stessa lo riconosce. Eppure prende 18 mesi - abbastanza per fare a pezzi una carriera - perché avrebbe dovuto controllare cosa stava mangiando. Troppo fresco il ricordo di Magnini per non fare confronti: per l’ex capitano dell’Italnuoto - addirittura immacolato rispetto a Iannone, perché non è mai stato trovato positivo né ha mai saltato un controllo antidoping - sono stati chiesti otto anni, diventati quattro in appello e poi zero (zero!) a Losanna per un tentato uso di doping inesistente. Ci sono voluti tre anni e 120mila euro per avere giustizia. Gli si rimproverava il fatto che, nel timore di aver assunto prodotti contaminati, si era prudentemente sottosposto a un controllo “privato”, interpretato come volontà di doparsi. Teorema smentito e auguriamo a Iannone lo stesso verdetto. Perché tutti gli atleti meriterebbeo processi e sentenze giusti, con regole riscritte: non è normale che se controlli per prudenza, vieni squalificato. E se non controlli vieni squalificato lo stesso, ma per negligenza. E siamo di fronte a sport e tribunali diversi: sono gli strumenti a essere sbagliati, non è una questione di antipatie o simpatie. Una vera lotta al doping dovrebbe (ri)cominiciare dal rispetto dell’atleta pulito (Magnini) o inconsapevolmente negligente (Iannone) con assoluzioni e quando necessario pene adeguate in tutti i gradi di giudizio, con tempi brevi. Su chi bara tolleranza zero. Ma travolgere tutto e tutti non porta a una giustizia giusta.