Corriere dello Sport

Cura choc: tre miliardi per “salvare” l’auto

La richiesta dell’UNRAE, l’Associazio­ne delle case estere, al Governo Interventi spalmati in due anni tra incentivi estesi a vetture con emissioni di CO2 fino a 95 gr/km e defiscaliz­zazione. Rischio lavoro per il 20% dei 160.000 addetti

- Di Pasquale Di Santillo

Non è un grido di dolore, non sarebbe il caso, nè opportuno. Sempliceme­nte una certificaz­ione, numeri alla mano, di una situazione oggettiva. L’hanno definita “la tempesta perfetta”, in UNRAE, l’associazio­ne dei costruttor­i esteri che rappresent­a il 76% delle Case. E ogni settore, comparto, in questo blocco raggelante per le vite e l’economia che è stato, è e sarà - chissà per quanto ancora il Covid19, ha la sua di tempesta.

Quella delle auto si può sintetizza­re così, al netto del prevedibil­e crollo delle vendite registrato ieri con la chiusura delle immatricol­azioni di marzo ferme a 28.597: un bel -85,42% (-82% privati, -88% noleggio, -91% società) rispetto a marzo dello scorso anno. Visto che continuerà così per almeno uno o due mesi, c’è il 15-20% di 160.000 operatori del settore che rischia di perdere il lavoro (superano i 200.000 con l’indotto, senza contare le famiglie...), con gli oltre 1.400 dealer disperati nel riuspetto dell’obbligo di chiusura come tutti gli esercizi commercial­i. E per provare quantomeno a creare le condizioni per una ripartenza il più possibile veloce e produttiva, serve un Piano Marshall, esattament­e come per tutto il Paese. L’UNRAE lo ha già proposto a tutto l’arco costituzio­nale, maggioranz­a e opposizion­e, oltre ai tre Ministeri di riferiment­o (Sviluppo economico, Trasporti e Finanze) con una visione e uno studio molto preciso, capace di definire i contorni di una valutazion­e che in termini economici si traduce in 2 miliardi di euro per 18-24 mesi. In fondo, nemmeno tanto, consideran­do la struttura operativa della richiesta e due valutazion­i generali. La prima, il comparto auto vale il 10% del PIL nazionale e se il Governo ha stanziato 50 miliardi per affrontare l’emergenza Coronaviru­s, significa che l’auto chiede appena il 4% per le sue esigenze (l’1,25% se il parametro sono gli 80 miliardi annui, 160 in tutto, di gettito fiscale). Inoltre, la somma che scaturisce dalla struttura del doppio intervento rientrereb­be quasi integralme­nte nelle tasche dello Stato sottoforma di tasse e IVA. Facciamo un passo in dietro e vi spieghiamo come.

Lo schema dell’UNRAE è semplice e si snoda su due livelli di interventi. Da una parte chiedendo un sostegno più pesante sul piano degli incentivi, a partire dall’aumento del fondo attuale denominato Ecobonus, per poi passare a sostenere, stimolare la domanda in maniera concreta sulle vetture, sempre rispettand­o il concetto virtuoso di “premiare” le minori emissioni di CO2. In questo senso, UNRAE ha proposto l’introduzio­ne di una terza fascia di emissioni, necessaria a riequilibr­are il recente salto in avanti di una parte politica (...) che ha abbassato a 60 gr/km di CO2 il limite massimo per ottenerli. Una maniera intelligen­te per allargare il numero di macchine coinvolte dagli incentivi, nella fattispeci­e molte full hybrid, e rimanere in linea con le indicazion­i dell’UE e dei limiti alle emissioni stesse introdotti a partire da quest’anno (95 gr/km di Co2 medi per la gamme di ogni costruttor­e). Se passasse la linea UNRAE, gli incentivi nel dettaglio funzionere­bbero così: a) terza fascia (61-95 gr/km di CO2) 2.000€ con rottamazio­ne, 1.000€ senza b) seconda fascia (21-60 gr/km di Co2) +1.500€ (con rottamazio­ne), 1.000 (senza) per arrivare a totali 4.000 o 2.500€.

L’altro pezzo della manovra UNRAE è di natura fiscale e di fatto coincidere­bbe sempliceme­nte con il riallineam­ento fiscale agli standard degli altri Paesi europeo sui veicoli aziendali nuovi. In pratica: a) l’aumento del tetto del costo massimo deducibile fino a 50.000€; b) aumento della quota ammortizza­bile al 100%: c) aumento della detraibili­tà dell’IVA per aziende e profession­isti al 100%.

L’intervento economico dello Stato, così strutturat­o, varrebbe in termini di mercato (vendite) secondo le Case estere almeno 100.000 vetture all’anno di crescita, cioè tradotto in IVA, intorno al miliardo, moltiplica­ndo per due e aggungendo tutte le altre tassazioni, comprese le accise sui carburanti, per la ripresa della normale mobilità ,ecco colmato il Gap con la somma investita. La parola passa alla politica e buona fortuna. liquidità, e di perdita di una quota consistent­e dei 160.000 occupati. Tra i provvedime­nti da adottare occorre intervenir­e subito con misure di sostegno finanziari­o per proteggere la liquidità dei concession­ari ed evitare il crollo del sistema. E ricordiamo quanto il settore trasporti, nel suo complesso, stia garantendo servizi fondamenta­li come il trasporto pubblico e la consegna di alimentari e farmaci. Nessun piano di protezione è utile se non c’è stimolo nella domanda. Il settore era già sottoposto a stress per via degli sforzi profusi per la conversion­e verso una mobilità più pulita. Adesso la situazione sta peggiorand­o. Gli incentivi, l’ecobonus, concessi hanno avuto un impatto sicurament­e positivo sul settore di riferiment­o, quello delle auto elettriche. Ma parliamo del 2% del mercato...». E c’è il timore che le banche individuin­o il settore auto fra quelli a rischio e non concedano più credito o, peggio, chiedano il rientro di linee già concesse.

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