Corriere dello Sport

Solitario per natura il runner non si ferma

Correre nei pressi della propria abitazione è consentito dalle norme Perché lo sport, se libero e consapevol­e, aiuta il corpo e la mente

- di Roberto Maida

Il runner conosce la sensazione. E’ inutile dirgli cosa sia giusto fare. Il runner è un’isola di coscienza, un amatore rigoroso. Lo era anche prima della pandemia, dei divieti e delle ordinanze contorte. Prende e va, senza infastidir­e nessuno. E’ anzi il perfetto esemplare del cittadino ai tempi del virus, perché si mette autonomame­nte in quarantena, distanzian­dosi volontaria­mente dal mondo degli altri. Anche quando nessuno glielo chiede. Per questo nessuno adesso può né vuole impedirgli di correre, alla velocità che sente, al ritmo che sa. Il virus non viene portato dal vento, dal sole o dalla pioggia. E nemmeno dal runner, agente solitario per definizion­e.

LIBERI TUTTI. Facciamo chiarezza allora: a parte le restrizion­i decise senza grande criterio da alcune regioni, uscire in solitudine per allenarsi all’aria aperta è consentito. La circolare diffusa martedì sera dal Viminale aveva rilanciato il dubbio, che è stato immediatam­ente risolto. Siete autorizzat­i a correre, gente. Responsabi­lmente, certo. Se non avete mai corso e vi lanciate al passo di 5 minuti al chilometro per un’ora, vi farete del male. Se andate a correre sulle ciclabili o lungo i fiumi di domenica mattina, siete irresponsa­bili perché rischiate di incrociare i vostri simili e non solo. Lasciate perdere i posti affollati, per non parlare dei parchi che sono chiusi. Sfruttate piuttosto l’ossigeno più pulito delle nostre strade, con l’accortezza di non allontanar­vi troppo da casa. Ma correre con giudizio e buon senso, a distanza di sicurezza, è consentito e anche scientific­amente consigliat­o: lo sport aiuta il corpo e la mente.

L’ANIMA. Chi corre ha già rinunciato alla socialità in nome della libertà. Sarebbe un controsens­o togliergli questo dono sofferto. Chi corre è sempre solo: quando supera la soglia aerobica, quando i muscoli si induriscon­o, non si accorge degli amici che fanno ciao con la manina. Sente solo la strada, il respiro, il battito. Il contatto fisico è deleterio, non esiste musica o audiolibro che distragga la fatica. Il runner può fregare il cervello, quello sì: a un certo punto gli racconta, nel colloquio interiore e privatissi­mo, che dopo il prossimo bivio al prossimo minuto al chilometro successivo si fermerà. Poi però riprende e fissa un nuovo obiettivo perché dai, cosa vuoi che sia un ultimo sforzo, ormai siamo a casa vecchio mio. Il runner, non importa quanto bravo e resistente, ha la tenacia dell’orgoglio.

COLPEVOLE. Il runner rispetta gli altri. Rispetta chi ha deciso di fermarsi per solidariet­à verso chi è obbligato a farlo. Rispetta persino chi in questi giorni si infila una tuta e delle scarpette improbabil­i pur di uscire di casa. Lo sapete che i podisti tra loro si salutano anche se non si conoscono? Il runner è empatico e chiudendos­i nel suo allenament­o scaccia via la paura. Eppure non viene rispettato, dagli altri. Nell’anno della prima pandemia social della storia, si sente criticare o insultare da improvvisa­ti paladini della sanità che lo invitano, in termini più o meno coloriti, a stare a casa. Come se non conoscesse già le norme, come se fosse colpa sua, come se potesse essere lui a cambiare la storia. Ma invece la storia non è cambiata dall’Ottocento, quando Alessandro Manzoni scriveva I Promessi Sposi. Nel capitolo 32, dedicato ai famosi untori della peste, c’è un passo che merita di essere citato: «Gli animi, sempre più amareggiat­i dalla presenza de’ mali, irritati dall’insistenza del pericolo, abbracciav­ano più volentieri quella credenza: chè la collera aspira a punire: (...) le piace più d’attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscer­li da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che rassegnars­i (...) Tutti gli occhi stavano all’erta; ogni atto poteva dar gelosia. E la gelosia diveniva facilmente certezza, la certezza furore». Era il 1840.

Chi corre sa bene che accanto non gli serve compagnia...

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ANSA I runner italiani possono continuare a correre nel rispetto assoluto delle disposizio­ni in tempo di Coronaviru­s

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