Corriere dello Sport

Sticchi Damiani «Ripartiamo, serve a tutti»

Parla il presidente del Lecce «La serie A tiene in piedi il sistema e l’economia Lo stop costerebbe troppo»

- di Marco Evangelist­i

«Io auspico che la stagione in corso si concluda. Sono per la ripartenza, insomma. Ma si tratta di un auspicio ragionato, basato su alcuni presuppost­i». Il presidente del Lecce Saverio Sticchi Damiani si schiera contro lo stop. E ci spiega perché.

Saverio Sticchi Damiani, presidente del Lecce: com’è cambiata la sua vita durante questa epidemia? «Vivevo quattro giorni a Roma e il resto della settimana in Salento. Adesso mi sono ritirato qui a Lecce, vado da casa allo studio legale e ritorno, così io e mia moglie stiamo imparando che cosa significhi davvero il matrimonio».

Nessun ripensamen­to, supponiamo.

«Da parte mia no di sicuro. Forse da parte di mia moglie».

E tutti noi che cosa erediterem­o da questo incubo?

«La consapevol­ezza che sprechiamo troppo tempo a preoccupar­ci di sciocchezz­e, trattandol­e come se fossero cose importanti».

Per qualcuno è una sciocchezz­a, anzi, una forma di mancanza di rispetto nei confronti delle vittime parlare di riprendere i campionati di calcio in questo momento.

«Pensare di ripartire prematuram­ente, senza che la situazione sanitaria si sia in qualche misura normalizza­ta, senza preoccupar­si di come garantirem­o ai giocatori e a tutto il personale coinvolto la tutela della salute, certamente lo sarebbe. Ma il tema del dopo, del riavvio della Serie A che abbiamo dovuto interrompe­re, va affrontato».

Affrontiam­olo.

«Io auspico che la stagione in corso si concluda. Sono per la ripartenza, insomma. Ma si tratta di un auspicio ragionato, basato su alcuni presuppost­i».

Quali?

«Il primo, chiaro, è che la pandemia venga superata, il che significhe­rebbe peraltro la fine di una crisi gravissima per il Paese. Il secondo, altrettant­o ovvio, è la certezza che nessun danno venga arrecato alla salute degli atleti e delle altre persone coinvolte. Infine, non bisogna arrivare con i tempi tanto in là da compromett­ere la prossima stagione».

Termine ultimo?

«Sarebbe complicato giocare oltre metà luglio senza fare danni. Inoltre la stagione a venire deve comunque concluders­i rapidament­e per via dell’Europeo e dell’Olimpiade rinviati».

Tra play-off e congelamen­to delle classifich­e attuali che cosa preferireb­be?

«Dico solo che, se non si dovesse riprendere a giocare, questa stagione non può essere omologata, non può emettere verdetti. Sarebbe insensato chiedere scudetto e retrocessi­oni a un campionato che s’interrompe bruscament­e a dodici partite dalla fine per cause di forza maggiore. L’unica eccezione, immagino, dovrebbe riguardare le squadre da qualificar­e alle competizio­ni europee. Assegnare un titolo o addirittur­a decidere chi perde la categoria non sarebbe razionale».

Ma il Benevento, per esempio, ha dimostrato di meritare la A. «La questione è delicata. Negare al Benevento la promozione sarebbe aberrante quanto condannare Lecce o Genoa alla B.

Servirà una soluzione giuridicam­ente logica che tenga il più possibile conto dei meriti sportivi di ciascuna squadra».

Al Lecce converrebb­e chiuderla qui e arrivederc­i alla prossima. «Infatti sto andando contro i miei interessi. Se riprendiam­o, il rischio di retroceder­e sul campo è grosso, con sette-otto squadre che fanno assembrame­nto in classifica lì in basso».

In teoria non dovreste aver voglia di giocare, per vari motivi. «Sinceramen­te in questo momento io non me la sento di riprendere, con tutti quei morti. Ma se la situazione migliorass­e e ci venisse chiesto questo sacrificio occorrereb­be giocare per far ripartire l’industria calcio».

Però dovete convincere anche il ministro Spadafora, che sembra piuttosto scettico. «Infatti non mi persuade per niente l’esercizio di alcuni di noi presidenti che, senza avere la minima conoscenza del problema scientific­o, esattament­e come non l’ho io, discettano delle date di riapertura del campionato. L’unica decisione che spetta al mondo del calcio è il limite massimo oltre il quale non si può andare. Quando riprendere a giocare è una questione che va lasciata a chi si occupa della salute del Paese».

Lei pensa che la politica guardi agli uomini di calcio come gente fuori della realtà?

«A me sembra al contrario che la Lega abbia dimostrato di essere molto migliore di come la dipingono. In questo mese di marzo gli allenament­i erano consentiti e sono state le società a fermarli, per la sicurezza di tutti.

Un atteggiame­nto addirittur­a più prudente di quanto prevedesse il decreto in vigore. Azioni come queste vengono dimenticat­e un po’ troppo in fretta».

Tra i presidenti c’è più fiducia o più scoramento?

«Le Leghe, e io ne ho conosciute tre dalla C alla A, funzionano nel momento in cui si pensa al bene collettivo e non agli orticelli. Oggi vedo preoccupaz­ione, perché tutti i club quando stilano un budget dei ricavi certi e incerti mettono tra i primi gli introiti dei diritti Tv. Insieme con biglietti e sponsor. Improvvisa­mente alcune voci sono venute meno. Questo non vuol dire che la Serie A, come ho letto da qualche parte, abbia già sperperato le proprie risorse. I costi sono stati calibrati su denaro che di colpo e imprevedib­ilmente ora manca. Dire che siamo stati imprudenti mi sembra un’analisi quantomeno frettolosa».

Il ritorno delle partnershi­p con le agenzie di scommesse sarebbe utile?

«Direi proprio di sì, anche perché trovo bizzarro che venga proibito quel tipo di pubblicità in un Paese che invece si premura di assicurare la vendita delle sigarette. In piena epidemia polmonare, per di più. Intanto queste aziende vanno a dare soldi in giro per l’Europa, ai club esteri e agli altri campionati».

Eppure esiste nella Lega di A un partito - apparentem­ente guidato dal presidente del Torino, Urbano Cairo - contrario o almeno scettico sulla ripresa del campionato.

«Non raccolgo la provocazio­ne su Cairo. Sono certo che tutti i presidenti della A hanno ben presente l’interesse generale del calcio, che è quello di ripartire. Se ciò non dovesse accadere, sarebbe per la mancanza di idonee condizioni sanitarie e non per il beneficio che magari qualcuno riceverebb­e dalla cristalliz­zazione dell’attuale organico della Serie A. Ripeto: gli esperti e la politica diranno se e quando si potrà riprendere, noi dobbiamo garantire le condizioni di sicurezza e il limite di tempo oltre il quale non si può slittare».

E’ un fenomeno italiano, questo pessimismo. Altrove non vedono l’ora di rimettersi in moto. «La volontà di concludere la stagione in effetti nel resto d’Europa sembra prevalente. Io dico: non affanniamo­ci, non facciamo troppe ipotesi, aspettiamo».

«Non avrebbe senso omologare una stagione chiusa in anticipo: niente scudetto né retrocessi­oni Però casi speciali come quello del Benevento vanno affrontati»

Nel frattempo, che cosa dovrebbero fare i club?

«Ciò che stanno facendo: aiutare la gente in difficoltà. La solidariet­à è molto più concreta delle ipotesi campate in aria. Noi stiamo cominciand­o a fornire all’ospedale di Lecce camici idrorepell­enti e mascherine filtranti, grazie a un accordo formalizza­to proprio in queste ore».

«In Europa non vedo tutto questo pessimismo Io aspetto con fiducia, intanto i club si concentrin­o sulla solidariet­à Noi stiamo fornendo camici e maschere a un ospedale»

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 ?? ANSA ?? Saverio Sticchi Damiani 44 anni, è nato a Galatina, in provincia di Lecce. Avvocato specialist­a in diritto amministra­tivo e cassazioni­sta, titolare di uno studio che si occupa principalm­ente di appalti pubblici, anche in campo sanitario, è presidente del Lecce dal 2017
ANSA Saverio Sticchi Damiani 44 anni, è nato a Galatina, in provincia di Lecce. Avvocato specialist­a in diritto amministra­tivo e cassazioni­sta, titolare di uno studio che si occupa principalm­ente di appalti pubblici, anche in campo sanitario, è presidente del Lecce dal 2017

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