Iannone punito ma incolpevole
Paradossale sentenza della FIM sulla positività del pilota dell’Aprilia a uno steroide anabolizzante Condanna a 18 mesi malgrado sia accettata la «contaminazione alimentare non consapevole»
MotoGp, il pilota condannato a 18 mesi di sospensione per «contaminazione alimentare non consapevole». Via al ricorso
«Contaminazione alimentare non consapevole». Quindi, 18 mesi di sospensione. I due concetti, in evidente antitesi, dovrebbero essere buoni proprio per un pesce d’aprile, non fosse che gli argomenti - il doping e la carriera di un pilota - inducano a tutto meno che all’ilarità. Soprattutto in una fase come quella che sta vivendo il mondo.
Andrea Iannone ha vinto e ha perso. Perché da un lato i giudici della Disciplinare internazionale della FIM - giuria presieduta dal finlandese Vuorensola e composta dal portoghese Marinheiro e dal ceco Schullmann - hanno riconosciuto come l’assunzione del drostanolone, steroide anabolizzante, sia stata accidentale. Eppure il trentenne pilota dell’Aprilia è stato punito con tre quarti della pena possibile per la buona fede (con questi presupposti, sono incoerenti i quattro anni come massimo della pena, chiesti dall’accusa). La sanzione, scattata il 17 dicembre scorso, oggi ferma Iannone fino a metà giugno 2021. Ma attenzione, il fatto che il verdetto di ieri abbia sollevato Andrea dalle accuse di doping intenzionale non è passato inosservato in casa Aprilia e credere che l’abruzzese abbia più chance di rinnovo del contratto in scadenza non sarebbe avventuroso.
Detto questo, il caso non è chiuso: il pilota di Vasto - difeso dall’avvocato Antonio De Rensis - si rivolgerà al TAS di Losanna, grado di giudizio che di recente ha spesso sconfessato le sentenze dei tribunali all’interno degli ordinamenti delle singole federazioni.
CONTAMINAZIONE E FOTO.
La contaminazione alimentare, che il nostro giornale aveva ipotizzato già nel giorno in cui Iannone venne sospeso, è legata al trittico extra-europeo dello scorso autunno: Andrea venne trovato positivo al controllo delle urine del 3 novembre, dopo il GP di Malesia, a una sostanza che oltrettutto non è particolarmente utile per chi corre in MotoGP.
La vicenda è proseguita con l’udienza del 4 febbraio a Mies, in Svizzera, dove il pm Jan Stovicek aveva presentato foto del pilota a torso nudo, immagini pubblicate su Instagram, accusando Iannone di aver fatto uso di steroidi per scopi estetici. Di fronte, la difesa ha supportato Iannone con docenti universitari - esperti di chimica, tossicologia, endocrinologia e persino scienze veterinarie - come i dottori Salomone, Cocci, Lotti, Biolatti, Formigoni e Adinolfi, oltre a Michele Zasa, medico della Clinica Mobile. La cui affermazione «non ho rilevato modifiche antropometriche nel fisico di Andrea» ha contribuito a smontare le tesi dell’accusa.
Iannone è risultato negativo all’esame del capello, che rileva le sostanze assunte nei precedenti quattro mesi. A ciò si sono aggiunti gli studi sulla contami
Potrà rientrare a metà giugno del prossimo anno, ma farà ricorso al Tas
nazione della carne importata in Malesia dalla Cina, e “gonfiata” anche con il drostanolone, ulteriore colpo all’accusa. E alla fine, la difesa ha presentato foto di altri piloti a torso nudo (come Marc Marquez e Maverick Viñales) per spiegare che Iannone non è un culturista, ma rientra nella media.
RICORSO. I giudici hanno accolto le tesi della difesa, ma non hanno sconfessato l’accusa. Generando un verdetto contraddittorio. «Rispetto le sentenze anche quando non le condivido ha detto l’avvocato De Rensis - Questa ci dà ragione su tutto, ma condanna Andrea perché a parere dei giudici si sarebbe dovuto accertare di ciò che mangiava. Sono in totale disaccordo su questo e lo esprimerò al TAS».
Nel ricorso, da presentare dopo Pasqua, la difesa porterà le stesse prove, accompagnate anche dalle motivazioni della sentenza FIM, in grado di diventare un assist inatteso. A occhio, potrebbe bastare per il rientro in pista. Per la sentenza potrebbero servire cinque mesi, ma con un Mondiale 2020 sempre più in forse...
Il legale De Rensis «Questa è una sentenza che ci dà ragione su tutto»