Una spesa non più sostenibile
Un fiume di denaro, tra commissioni di intermediazione e bonus, che finisce annualmente nei portafogli degli agenti, rendendo sempre più fragili e deboli le finanze dei club. Nel 2019 il dato complessivo, comunicato dalla Federcalcio, è stato di circa 188 milioni di euro. Una cifra che fa riflettere anche perché coincide, casualmente, proprio con il budget che le società di calcio vorrebbero recuperare appropriandosi dell’1% della raccolta collegata alle scommesse.
E’ la conferma della miopia del sistema italiano, che, prima gioca a poker sui tavoli del calciomercato continentale, posizionandosi solo dietro a Premier League e Liga spagnola (con trasferimenti per complessivi 1,17 miliardi di euro), poi cerca, in modo disordinato, di recuperare il denaro speso (in eccesso) per concludere le principali operazioni. Segno inequivocabile di una mancanza di “cultura” economica e, soprattutto, di una visione di scenario.
Se è vero che ci troviamo in un libero mercato, le regole di ingaggio di questo settore sono completamente saltate. In alcuni comparti economici, anche più maturi del calcio, ci si muove su percentuali “sostenibili”, mentre nel mondo del pallone ormai l’asticella dell’intermediazione ha superato, in media, il 10% (in una forbice tra il 3% e il 20%), con la previsione di ulteriori bonus sulla futura plusvalenza da rivendita.
Nel mercato delle agenzie di pubblicità, ad esempio, le percentuali di intermediazione sono comprese tra il 3% ed il 4% (sul valore dell’investimento), in quello finanziario tra l’1% e il 4%, o ancora tra il 2% e il 4% nei settori dell’immobiliare e della consulenza legale-tributaria. Il calcio italiano invece vive in una “bolla”, che rischia di esplodere, nei prossimi mesi, proprio per effetto dell’epidemia Covid-19.
Agenti che fanno spendere ai top club, anno dopo anno, milioni di euro, con modalità più vicine al “trading” che alle tradizionali strategie di calciomercato. Ma questi stessi operatori aiutano i presidenti con le cessioni e così contribuiscono a generare ricche plusvalenze (ulteriore anomalia del sistema professionistico). E’ un mercato che non può continuare ad essere gestito con l’approccio appena descritto. La corda, infatti, è tesa da tempo e quando si spezzerà non si conteranno i danni di questa follia speculativa.