Ghirelli: Voglio giocare, ma devono aiutarci a farlo
PER IL PRESIDENTE DI LEGA PRO TORNARE IN CAMPO NON È SOLO QUESTIONE DI SCELTA
Il calcio ha regole universali, in A come in Eccellenza. Ma quando ci si sposta di categoria il calcio non è poi così uguale o, perlomeno, affinché lo sia occorrono strutture e mezzi che in alto ci sono e più in basso no. Il disciplinare della Federazione Medici Sportivi Italiani è accolto come uno spartiacque dalla Lega Pro. «Se mi chiedono quando voglio tornare a giocare, rispondo subito, anche domani. Se mi chiedono quando posso tornare a giocare, invece, le cose sono più complicate. Perché bisogna metterci nelle condizioni di farlo». Francesco Ghirelli, presidente di Lega Pro, non eccepisce nulla del documento redatto dai medici sportivi. «Sostiene che debbano essere osservate regole ineccepibili.
Ma in Serie C tale rispetto presuppone la creazione di strutture per ogni club il cui costo sarebbe difficilmente sostenibile. E ricordiamoci che si sta parlando di società i cui vertici hanno preoccupazioni quotidiane per le aziende con le quali vivono e grazie alle quali danno lavoro ai propri dipendenti».
La posizione delle società è emersa già con sufficiente chiarezza lo scorso 3 aprile, durante l’assemblea di Lega Pro. Soprattutto le squadre dei gironi A e B, geograficamente ricadenti nelle zone più colpite dall’emegenza virus, hanno palesato difficoltà persino a immaginare una ripresa, davanti a una situazione che non si risolverà tanto facilmente. Da lì dunque il mandato conferito a Ghirelli a rappresentare tali complicazioni al Consiglio Federale.
COSTIUGUALESALUTE,EVICEVERSA. In C il problema dei costi è sentito fortemente: «Se non arrivano aiuti e stumenti adeguati dal governo, tanti dei miei presidenti potrebbero non essere in grado di iscrivere le loro squadre nella prossima stagione» ribadisce Ghirelli. E la disciplina tratteggiata per mettere in sicurezza la salute di giocatori, tecnici, arbitri e preparatori in vista di una ripresa agonistica, i costi li propone eccome. «La cosa che deve essere chiara a tutti - aggiunge il numero uno della Serie C - è che mai e poi mai metterò uno soltanto dei miei presidenti nelle condizioni di dover rischiare civilmente e penalmente con una ripresa agonistica che non è preparato o attrezzato a sostenere. Dunque giocare sì, lo vogliamo tutti, anche quanti sono al centro del focolaio pur se i pensieri sono altri in questo momento. Ma bisogna che ci dicano come». Un modo diretto per fare capire che non basterà un elenco di norme da rispettare per riportare in campo le 60 squadre del terzo campionato professionistico italiano, se contemporaneamente non arriveranno i mezzi per attuare tali norme.
IL RIGORE ECONOMICO. Ghirelli è stato il primo a fermare il suo campionato, il 21 febbraio scorso. «Non è un problema di quando si potrebbe concludere, sulle date si può trovare una linea comune. Da noi il problema è sostanzialmente economico, in due livelli: uno per essere attrezzati a rispettare le norme della ripresa, l’altro per ristorare sodalizi già in forte perdita a causa della crisi. Gli ingaggi? Da noi c’è chi si è mosso con una propria linea a volte diversa (Monza e Reggina per esempio, ndr) ma anche qui bisogna che sia un ragionamento collettivo a tutto il mondo del calcio a tracciare i solchi sui quali, con le dovute differenze in base alle categorie, poi si applicherà concretamente. Insomma, deve esserci un principio generale e uno specifico per le diverse leghe». Sempre in attesa di una sponda non soltanto normativa da parte del governo.