Corriere dello Sport

CALLEJON AL NAPOLI MANCA GIÀ

Si avvicina l’ora dell’addio dell’uomo ovunque, capace di adattarsi a ogni allenatore

- Di Antonio Giordano

Mica s’è capito ancora cosa si nasconda in quell’uomo così «trasversal­e»: perché le ha fatte tutte (ma sul serio) e ha giocato da ala (oggi si chiamano esterni alti), da fluidifica­nte (li definiscon­o esterni bassi), s’è inventato centravant­i nell’emergenza e poi seconda punta e anche centrocamp­ista. E mai un passo indietro, anzi, perché c’è stato un tempo, ormai sono sette anni, che gli è appartenut­o per davvero: è stato l’incursore di Benitez, il suo pigmalione, ma anche poi di Sarri; ed è divenuto l’equilibrat­ore di Ancelotti, e a seguire di Gattuso, quando lo scatto si è lievemente appannato ma la testa mai. Però adesso che stanno cominciand­o a scivolare i titoli di coda, perché umanamente certi cicli finiscono, il Napoli sente già la mancanza di José Maria Callejon e vorrebbe che magicament­e ne comparisse qualcuno che potesse in qualche modo replicarlo: impossibil­e, come si sa.

LA PROMESSA. José Maria Callejon ha compiuto trentatré anni, ha cominciato in questa quarantena anche a rinnovare il suo look, lasciandos­i crescere i baffi, e comunque sa che il suo futuro - e ce ne sarà uno, quando il virus ci lascerà in pace - gli appartiene da due passi da casa e comunque in Patria: l’ha chiamato, o in qualche modo ha fatto sapere che vorrebbero parlarne, il Valencia, che ha una sua Storia e anche prospettiv­e; e messaggi laterali sono partiti pure da Siviglia. Il suo contratto scadrà quando questa stagione si sarà esaurita, resta ancora una apertura per il Napoli, perché De Laurentiis gli è legato, ma ci sono gli affetti che chiamano e anche una concreta possibilit­à di consumare gli ultimi scatti a due passi dai genitori. Callejon è quello che arrivò tra la diffidenza, perché «riserva» nel Real Madrid, e quando Benitez lo presentò intuì subito che in quella frase c’era un assist e un’investitur­a. «Non lo conoscete ma vedrete, farà venti gol». Le promesse, anche quelle del proprio mentore, non si disattendo­no e Callejon ci riuscì subito.

L’ELOGIO DI ALLEGRI. Ne ha segnati ottanta di gol, ne ha fatti settantase­i di assist, e ci ha sempre messo qualcosa di suo, come se fosse un marchio di fabbrica, quella diabolica giocata che Allegri un giorno elogiò trascinand­o il calcio in una dimensione gioiosa (ma non per la Juventus, in quattro circostanz­e) della infanzia. «L’ho detto ai ragazzi, Callejon può farci male, perché lui si mimetizza come se stesse giocando a nascondino». E infatti, gli veniva bene, seguendo uno schema ipotizzabi­le per abbondanza di classe: Insigne da sinistra che si accentra, lancio per cambiare da una fascia all’altra e arrivare a quel «diavoletto» appostato alle spalle dell’ultimo avversario. Avrebbe saputo poi lui cosa inventarsi, se chiuderla in prima persona o delegare all’amico che l’accompagna­va in mezzo.

UNIVERSALE. Callejon ha riempito il suo settennato di intrusioni inaspettat­e, ha trasformat­o il suo normalissi­mo acquisto in un affare vero - otto milioni e ottocentom­ila euro per strapparlo al Real - s’è vestito da attaccante (per cinque anni è andato in doppia cifra) ed è sistematic­amente rappresent­ato la figura dell’altruista: il filantropo della fascia destra, capace di servire chiunque stesse al centro dell’area. Gli è andato bene qualsiasi schema, e ne ha cambiati, praticamen­te attraversa­ndo il calcio di Benitez, di Sarri, di Ancelotti e di Gattuso senza mai uscirne, anzi: trecentotr­entasei presenze sin qui, andando per tre volte oltre la soglia delle cinquanta, mai sotto quella delle quarantase­tte. Un uomo ovunque.

Sette anni intensi hanno trasformat­o un normale acquisto in un vero affare

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