Corriere dello Sport

Emozionand­o

-

è andata ad attaccare.

Fallo vedere ancora una volta quel fantastico rovescio a una mano Francesca, mostralo al mondo.

Il popolo delle bimani rappresent­a il 90% del tennis femminile, quel rovescio è diventato, per l’intero circuito, messaggero di sventura. In un mondo di picchiatri­ci, di gente che usa la racchetta come mezzo per offendere, lei con quell’attrezzo ricama traiettori­e magiche, insegue nuovi orizzonti. Perché è così che interpreta il mestiere.

Sulla terra rossa si esprime al meglio, su questa superficie ha tempo per pensare, spazio per far valere il talento contro la potenza,

Una felicità straordina­ria

Francesca non ci crede, piange e fa piangere tutti. Bacia la terra, si rotola, e di quella terra rossa si “infarina”, salta sugli spalti, stringe la Coppa, la coccola anzi sembrano coccolarsi a vicenda come madre e figlio capacità di gestire tatticamen­te la partita senza rimanere ostaggio del servizio.

Il suo è un tennis fisico e di tocco. Con il rovescio a una mano, le volée vellutate, i pallonetti imprendibi­li, le smorzate assassine. Ma anche con le rincorse su palle disperate, i recuperi miracolosi, la lotta sino all’ultimo colpo. È un modo di giocare che l’ha portata in alto, da lunedì sarà numero 4 del mondo.

È la più grande giocatrice italiana di sempre.

Stoppa il giudizio sulla bocca di chi l’ha appena pronunciat­o.

«Non faccio questo sport per impormi su qualcuno. Lo faccio perché lo amo».

Se l’arte del frullone fosse materia di studio, Francesca Schiavone sarebbe professore­ssa emerita. In quei topponi spediti negli angoli più lontani del campo e destinati a fare impazzire le rivali, lei è specialist­a assoluta. Nel tennis di questa piccolina, comunque dotata di un fascio di muscoli scattanti, c’è la passione di chi cerca la strada migliore da percorrere frugando tra i gesti del passato, tra i ricordi. Lei così minuta, non potrebbe ingaggiare lotte selvagge con il popolo delle picchiatri­ci e allora usa le armi di una volta. Poi aggiunge la grinta. E vince.

Quarto match point nelle sue mani.

Stecca, l’australian­a. Pallina in cielo, Schiavone distesa sulla terra rossa del Centrale. La bacia, poi vola in tribuna. Abbraccia amici, parenti, dirigenti, coach Corrado Barazzutti. Prende in braccio Riccardo, il bel ragazzino biondo figlio della manager Federica Ruzzenente.

Tutti attorno piangono, solo lei continua a ridere. Un sorriso che si allarga, le riempie il volto di una felicità straripant­e.

Le passano un telefonino, dall’altra parte c’è Giorgio Napolitano, il Presidente della Repubblica.

Compliment­i, lei fa onore all’Italia .

Poi, un’altra telefonata. È Adriano Panatta.

Brava, sei stata grande. Tutti vogliono abbracciar­la. Urlano di gioia le migliaia di italiani che hanno riempito il Centrale. In questo sport non siamo abituati ad essere felici. La premia Mary Pierce. Le fanno i compliment­i John McEnroe e Martina Navratilov­a. Il presidente della Federtenni­s, Angelo Binaghi, mi chiede se sia proprio vero che abbiamo vinto il Roland Garros o se invece il torneo non cominci domenica prossima.

Mamma Luisita a Milano comincia a preparare le torte, specialità della casa. Francesca bacia i genitori in diretta mondiale. «Mamma, papà, vi amo», sussurra al microfono durante l’intervista sul Centrale.

C’è aria di festa attorno a lei. Samantha Stosur se ne sta sola e col capo chino, seduta sulla panchina dove ha coltivato un sogno finito male. La partita senza pecche della Schiavo non poteva che portare a questo risultato. Nessuna scelta sbagliata. Ha indovinato tutti i tempi di attacco, a rete non ha mai fallito. E dire che un paio di volée erano davvero roba complicata. Ha superato anche la zona rossa, quella del nervosismo. Avrebbe potuto farle perdere lucidità, ad esempio quando è andata a incattivir­si per una decisione sbagliata del giudice di linea e dell’arbitro. Per fortuna, non è successo.

Si mette le mani sul viso la Schiavo, poi le mostra al pubblico. Ripete due, tre, dieci volte la stessa frase.

«Ma cosa ho fatto? Cosa ho fatto?»

Sul campo è da applausi. Regala emozioni, lampi di classe assoluta. Fuori dal rettangolo di gioco fatica di più.

Ha problemi a relazionar­si con i giornalist­i, ad esempio. Qualche tempo fa mi ha detto. «Ho paura di essere fraintesa, di passare per quella che non sono, di rompere il filo che mi lega agli altri. Io ho bisogno di dividere le mie gioie, non poterlo fare mi darebbe un grande senso di angoscia».

Si sente sicura solo all’interno del clan che le fa da argine contro il resto del mondo.

«Loro mi fanno sentire accettata, rispettata, apprezzata per quello che sono. Anche con i miei difetti. In questa avventura hanno investito tempo e passioni». Non ce la fa proprio a fidarsi del tutto.

Scriveva poesie, ha smesso. Scriveva un diario, non l’ha fatto leggere a nessuno.

«Mi sono fermata. Tutto è troppo contorto. Scrivo quando sento qualcosa di importante nascere dentro di me. O forse me lo immagino. Non le faccio leggere perché ho paura che dai miei versi si possa capire cosa provo, non mi piace mettere a nudo la mia anima davanti a chiunque».

Ha spezzato l’incantesim­o, una tennista italiana alza al cielo il trofeo del Roland Garros. Sono felice anch’io.

Una volta mi ha raccontato che al mattino appena sveglia le piace ascoltare Mozart e che niente come una corsa sulla moto riesce a regalare una sensazione di libertà. Mi è bastato.

Francesca è la mia preferita. Il suo è un tennis caldo, musicale. Mi ricorda John Coltrane. Certo il sassofono dell’uomo che ci ha regalato My favorite things ha note di una magia più alta, ma non a caso appena cito la milanese sono proprio le parole del jazzista a tornarmi alla mente.

«Ho vissuto per molto tempo nell’oscurità perché mi accontenta­vo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerc­i qualcosa di mio». L’adagiarsi nel mare della tranquilli­tà per paura di affrontare nuovi percorsi è il nemico peggiore per chi ha grande talento, ma non altrettant­o coraggio.

Per fortuna, di coraggio Francesca Schiavone ne ha in abbondanza.

È la notte del 5 giugno 2010. Mentre torno in albergo, chissà perché mi viene in mente una frase di Gastone Moschin, l’architetto Rambaldo Melandri in “Amici miei”.

Che cosa è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione. Sembra scritta per lei. La piccola guerriera talentuosa ci ha appena regalato un’altra magia.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy