Corriere dello Sport

«DISTANTI, PROTETTI E CON TURNI AD HOC»

Misure rigorose e obbligator­ie:vediamo quali con il virologo Pregliasco «Lavoratori considerat­i come medici. Servono entrate e uscite differenzi­ate, ambienti sanificati e controllo della febbre all’ingresso»

- di Mario Pappagallo

L’

Organizzaz­ione mondiale della salute proprio oggi ha raccomanda­to a tutti i Paesi e le Regioni di non allentare troppo presto le misure per rallentare la diffusione della pandemia di coronaviru­s. «Una delle decisioni più importanti è non abbandonar­e le misure troppo presto, per non ricadere di nuovo nel contagio», ha dichiarato il portavoce dell’Oms Christian Lindmeier in un briefing virtuale. È come quando ci si ammala e ci si alza dal letto troppo presto: si rischiano ricadute e complicazi­oni. «Ovviamente ha aggiunto - non ci sono raccomanda­zioni che vadano bene per tutti, ogni Paese deve valutare i suoi rischi». Nessuno gli ha chiesto che cosa pensasse del sistema italiano delle deroghe al blocco, al lockdown, su autocertif­icazione. Forse non lo avrebbe nemmeno compreso. Fatto sta che in Lombardia, mentre il resto del Paese era fermo si derogava. La fase 2 per le attività industrial­i è già partita, o meglio la fase 1 non è mai stata applicata. «Potrebbe aver rallentato l’arrivo al picco ed essere causa dei tempi più lunghi in cui si resta sull’altopiano invece di una discesa più rapida», dice il virologo milanese Fabrizio Pregliasco.

Detto questo, le risultano richieste agli specialist­i sulle misure di sicurezza da adottare, consideran­do che la pandemia riguarda un nuovo virus ancora per molti aspetti sconosciut­o? «Personalme­nte a me non risultano, ma mi auguro che i loro comitati di sicurezza abbiano applicato rigide norme. E che si siano fatti controlli sull’applicazio­ne delle norme anti-contagio».

Del tipo? «La premessa è che questi lavoratori dovrebbero essere considerat­i come i medici e gli operatori sanitari per evitare che uscendo dal posto di lavoro non contagino familiari e amici. Poi va verificato che a livello di organizzaz­ione del lavoro si tenga conto di un rigido distanziam­ento sociale, mentre si lavora e anche a mensa, se c’è la mensa, di turni di lavoro studiati ad hoc per minimizzar­e il rischio, di entrate e uscite differenzi­ate, di disinfezio­ne ambientale molto frequente».

Che cosa significa turni di lavoro studiati per evitare il contagio? «Significa orari e turni definiti con l’obiettivo di ridurre il numero di persone presenti contempora­neamente e di ampliare le distanze tra i singoli addetti».

E la protezione individual­e? «Rigida. Mascherine, guanti e occhiali protettivi sono obbligator­i per tutti. Anche le tute, usa e getta, dovrebbero essere previste fino a quando c’è un rischio ricaduta o seconda ondata di focolai. Massima igiene anche nel momento della vestizione. Non è che si può arrivare già indossando il materiale protettivo. Stiamo parlando di un ritorno all’attività che deve avvenire sotto tutela, e spero che chi non ha mai smesso si sia attenuto a rigide norme di sicurezza che non è solo per sé stessi ma che riguarda tutti i contatti esterni al lavoro».

E tamponi periodici?

«Non servono, caso mai misurare la temperatur­a potrebbe servire a individuar­e casi sospetti e farli stare a casa o sottoporli a tampone. Quando ci sarà la patente d’immunità avremo uno strumento utile per evitare la riattivazi­one del virus. E serve rispettare rigidament­e le regole».

Difficile nel Paese delle deroghe, perché a qualcuno potrebbe venire in mente anche una deroga alle norme di sicurezza. Decisioni avventate mettono in pericolo la salute delle persone, che deve venire prima di qualsiasi profitto, mettono a rischio l’organizzaz­ione sanitaria come è accaduto e che occorre non far ripetere. Nuovi focolai, dovessero verificars­i, renderebbe­ro impossibil­e uscire a breve dalla crisi economica e sociale in cui ci troviamo. E per il virus non c’è deroga che tenga. «L’allarme sanitario può durare ancora mesi e seguirà l’evoluzione della ricerca medica su cure e vaccini, per questo occorrono modelli organizzat­ivi ben studiati e praticabil­i, sia dal punto di vista economico sia logistico. Solo così si può ripartire con un buon margine di sicurezza e non rovinare il trend in discesa appena cominciato», conclude Pregliasco.

«Obbligator­i mascherine, guanti e tute usa e getta: ci si veste dentro»

«Necessari orari definiti per ridurre il numero delle persone presenti»

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LAPRESSE Maschere da snorkeling al Maria Pia Hospital a Torino

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