Corriere dello Sport

Il ds punta i piedi: «Non mi sento in bilico»

- Rob.mai.

ROMA - E’ un tipo da prendere e comprender­e per ciò che è: non un cultore ma un culturista, della comunicazi­one. Un macho dello spogliatoi­o e delle telecamere. Gianluca Petrachi lo racconta spesso, ad amici e non solo: non godo di buona stampa perché non rispondo al telefono ma nessuno sa che situazione ho trovato qui alla Roma. In realtà è in buona compagnia. Sono tanti i direttori sportivi che non invitano i giornalist­i al bar ma non si sentono, chissà perché, giudicati in base a simpatie o antipatie. Il problema di Petrachi però è un altro: sono i suoi referenti all’interno della società a non essere più contenti del suo operato - non solo sul mercato, ma anche nella quotidiani­tà di Trigoria - per non parlare dei giocatori, che per larga parte non gradiscono le sue sfuriate private e pubbliche. E ci fermiamo qui.

LA POSIZIONE. Eppure le notizie sul suo futuro, che è quanto meno incerto, sarebbero diffuse «strumental­mente». E’ la certezza sventolata da Petrachi, che si definisce una «persona scomoda» e non disposta a compromess­i. «In un ambiente come Roma - sottolinea non è semplice muoversi. Il fatto che mi abbiano bacchettat­o mi ha permesso di essere ancora più intransige­nte con me stesso. Ma vado avanti sereno per la mia strada. Al momento ho la fiducia della società. Poi dovranno essere Pallotta e Fienga a dirmi che il mio tempo è finito. A Torino dovevano cacciarmi ogni anno e poi me ne sono andato via io». E ancora: «A Roma ne hanno spappolate tante di persone. Se in 20 anni non si è vinto nulla qui è anche a causa di questi problemi. E non mi riferisco alla tifoseria, che è passionale». Sempre colpa dei media allora. Che esistevano anche 12 anni fa (non 20) quando la Roma ha vinto l’ultimo trofeo. E anche 10 anni fa quando la Roma ha conteso gomito a gomito lo scudetto all’Inter del triplete. E continuera­nno a esistere anche quando Pallotta, sempre fermo a zero conquiste a causa di investimen­ti non riusciti sulle risorse umane, cederà la Roma.

RAPPORTI. Da uomo di campo, non percepisce dissidi interni alla società o alla squadra. Semmai, quando ricorda l’intrusione nello spogliatoi­o durante l’intervallo di Sassuolo-Roma, parla di «confronti forti» che aiutano a crescere. Ed esclude che Fonseca abbia reagito male al suo intervento davanti alla squadra: «Era un momento difficile, stavamo perdendo la faccia. Non mi sono intromesso nella tattica. Fonseca poi ha preso la parola. E’ un uomo intelligen­te ma il mio dovere è aiutarlo a capire il campionato italiano». Chissà se Fonseca sapeva di avere un tutor.

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LAPRESSE Gianluca Petrachi, diesse della Roma

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