Sinisa, spirito forte e combattivo
La prima volta si presentò così: «Non voglio vedere giocatori mosci». Era novembre, anno 2008. Sinisa Mihajlovic aveva scelto Bologna né per ragione né per sentimento, «solo perché sono uno a cui piacciono le sfide». Sostituì Arrigoni, ma durò ventuno partite appena e dopo dovette andarsene con la squadra che non decollava e rischiava di finire giù. Quando è tornato qui, lo scorso gennaio, Sinisa aveva confessato di avere «un debito nei confronti della città». Che ha ripagato con un decimo posto da record, una salvezza più simile a un miracolo. Fin qui la storia è quella di un allenatore e del suo percorso, della sua carriera. Ma quella tra Mihajlovic è Bologna è molto più sorprendente di così.
STORIA. Se ora il club parla di un Mihajlovic a vita, di un ruolo manageriale in stile Ferguson è perché si è creata un’alchimia forte che club e allenatore porteranno avanti ancora. Fino al 2023 di sicuro, poi chissà. Merito di una stagione, l’ultima, segnata da una cavalcata incredibile, fatta di rimonte, di posizioni in classifica stravolte, e del 10° posto che diverrà un cult per le generazioni del futuro. Ma anche di un’estate in cui Mihajlovic confessò al mondo il dolore per la sua malattia e il coraggio di affrontarla. Doveva andare a Castelrotto, in ritiro. I medici gli dissero della leucemia. Era luglio. Ai suoi giocatori parlò via Skype, al mondo in conferenza stampa. «Ho la leucemia ma non ho paura». Alla squadra promise di essere presente alla prima di campionato, era il 25 agosto e Sinisa si presentò a Verona con quattordici chili in meno addosso e l’aria emaciata. Sbalordì tutti.
FUTURO. Soprattutto consegnò la sua figura fragile e dolce a Bologna, a una città che gli ha dato la cittadinanza onoraria, che lo ha curato, che lo ha messo nelle condizioni di riprendersi la vita di prima. Il 29 novembre scorso, altra conferenza, Mihajlovic raccontava il suo percorso di cure, il trapianto di midollo, le difficoltà. Il legame con Bologna in quel momento si è rinsaldato ancora di più, si è consolidato, rafforzato, fino a diventare per Sinisa un sorta di luogo in cui rifugiarsi. La pandemia non ha cambiato nulla. Adesso il gruppo lo gestisce con una carica diversa, uno spirito ancora più forte. Le tappe del percorso rossoblù non potevano finire lì. Fino a oggi Sinisa in rossoblù ha messo insieme 54 presenze in Serie A (sommando tutte e tre le stagioni) e l’obiettivo è arrivare in Europa con il Bologna. Una sfida, di quelle che gli piacciono tanto. Il club gli ha promesso il massimo. Lui è pronto per un’altra tappa rossoblù.
La malattia lo ha legato a filo doppio alla città e anche ai suoi giocatori