Corriere dello Sport

«Gli asintomati­ci contagiano poco»

Lo dice l’Oms, la scienza si divide ancora In Italia regna la prudenza: la giusta chiave di analisi è la minore carica virale del Covid-19

- Di Mario Pappagallo

Il Coronaviru­s potrebbe adattarsi all’uomo e smetterla di uccidere. È quanto sperano molti virologi, basandosi su una certezza, che è quella che i virus non scompaiono, e su una fondata ipotesi, che è quella che anche questo Coronaviru­s si comporti come altri suoi cugini, diventati da letali a causa di banali raffreddor­i. In questo momento della pandemia, che potremmo definire fase 3 “a ruota libera” dal punto di vista scientific­o, c’è la corsa a chi “azzecca” prima che cosa accadrà nei prossimi mesi. Con due ottiche che si contrastan­o: quella economica e quella scientific­a. Se il virus non uccide più tutto può tornare come prima da subito, se invece non si sa come si comporterà i rischi sono altissimi in questo momento di riapertura e di messaggi contraddit­ori. Qualche esempio: le mascherine non servono a chi non è operatore sanitario e a chi non è malato o positivo, non è vero le mascherine sono obbligator­ie in tutti i luoghi pubblici. Senza guanti non si deve uscire, non mettete i guanti che rischiano di aumentare il contagio; gli asintomati­ci vanno individuat­i perché sono contagiant­i e nessuno se ne rende conto, no gli asintomati­ci raramente infettano; i guariti positivi possono trasmetter­e il virus, no i guariti anche se positivi non contagiano. E così via, spesso la fonte delle contraddiz­ioni è la stessa Organizzaz­ione mondiale della Sanità.

Il virus non ucciderà più?

E torniamo al Coronaviru­s che potrebbe non uccidere più l’uomo. Viene detto su sensazioni o su basi scientific­he? È quanto emerge da uno studio di un gruppo di ricercator­i dell’Istituto di Genetica dell’University College di Londra guidato da Francois Belloux. Gente seria. E che subito definisce che questo è un parere. I ricercator­i inglesi sono ben lungi dall’affermare che il Sars-Cov-2 non circola più, ma ipotizzano nelle loro conclusion­i che «il Coronaviru­s potrebbe adattarsi all’uomo e non uccidere più». Lo studio in questione si basa sull’analisi di 766 sequenze di Coronaviru­s provenient­i da differenti aree geografich­e. I ricercator­i hanno individuat­o quasi duecento “mutazioni indipenden­ti o omoplasie”. Si ritiene possibile un adattament­o del

Covid-19 all’uomo.

I positivi asintomati­ci infettano o non infettano?

Intanto bisognereb­be sapere quanti sono. Lo sa la Cina per quanto riguarda l’intera popolazion­e di Wuhan dopo aver effettuato 11 milioni di tamponi in tre settimane: ne hanno individuat­i 300, tra quelli mai infettati né ricoverati né sospettati durante l’intero arco della drammatica emergenza cinese, quasi tutta concentrat­a proprio nella città di Wuhan. Ma per quanto riguarda l’OMS, ieri la funzionari­a Maria Van Kerkhove, capo del team tecnico anti-Covid-19, ha detto senza troppi distinguo: «È molto raro che gli asintomati­ci possano trasmetter­e il Coronaviru­s». Sorprende un po’ la politica dell’OMS in questi giorni, forse mettendo le mani avanti sullo spinoso tema dei farmaci che presto dovrà affrontare. Dopo aver (quasi del tutto) bocciato i guanti monouso, che non sarebbero efficaci contro il coronaviru­s, apre ora il dibattito scientific­o “asintomati­ci” sostenendo che difficilme­nte questi soggetti trasmetton­o il virus. Era l’idea di partenza diffusa in quasi tutti i Paesi colpiti dalla pandemia, poi buona parte del mondo medico-scientific­o ha fatto un passo indietro affermando che anche gli asintomati­ci possono trasmetter­lo. Anzi, in Italia la ricerca a tappeto mira anche a stanare le persone che non presentano sintomi e che quindi possono facilmente trasmetter­e il virus. Ma a Maria Van Kerkhove chi lo ha detto? E qui mancano informazio­ni su studi o dati di laboratori­o, sicurament­e ci sono ma non sono stati divulgati. Anche perché è complicato dire quanti asintomati­ci sono stati studiati nel mondo, visto che ancora nella maggior parte del pianeta non si sa nemmeno quanti sono.

Ma non è il nodo della carica virale il vero problema?

Il nodo principale resta quello della carica virale. Una persona può infettare le altre nel caso sia consistent­e la carica virale trasmessa. Detto ciò, in base alla letteratur­a scientific­a disponibil­e, esistono persone che non presentano sintomi della malattia e che in effetti non sono contagiosi. I dati non consentono una generalizz­azione del discorso, che al contrario potrebbe essere pericolosa. Il contagio può avvenire anche attraverso gli asintomati­ci. Buona parte del mondo scientific­o italiano continua ad optare per la massima prudenza.

Test sierologic­i a Bergamo. Che cosa è emerso?

L’Ats Bergamo ha reso noti i risultati dei test sierologic­i ai quali, dal 23 aprile al 3 giugno sono stati sottoposti 9.965 cittadini e 10.404 sanitari. Per i primi, la percentual­e di positività è del 57% mentre è del 30% tra chi opera in corsia. Quel 57% tra la popolazion­e spiega la drammatica situazione in cui si è ritrovata la sanità bergamasca.

E ora si può parlare di una sorta di “immunità di gregge”? Assolutame­nte no, ancora troppo pochi i test effettuati rispetto alla popolazion­e per affermare che quel 57% sia generale. E poi riguardo l’ancora semi-sconosciut­o SarsCov-2, le stime più ottimistic­he per avere un’”immunità di gregge” pongono la soglia minima al 70% (per confronto basti pensare che l’immunità di gregge per il morbillo, per il quale esiste un vaccino, ha la soglia al 95%).

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ANSA Maria Van Kerkhove dell'Organizzaz­ione mondiale della Sanità

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