Martinelli: Il Palermo in serie C? Un’altra avvincente avventura
«Il segreto di questa stagione? Basta guardare l’affiatamento tra gli under e i trentenni sposati...»
Alessandro Martinelli, dalla A alla D e ritorno. Un salto triplo all'indietro e, dieci mesi dopo, il parziale riscatto. L’avvio ha i colori della leggenda. Ora, servono altre due imprese per ritornare al mittente, cioè al calcio stellare. E sono già in programma. «Nessuno - dice - è venuto qui solo per vincere il campionato di D. Palermo si accetta, e di corsa, a prescindere dalla categoria. Questo è appena l’inizio di un programma ambizioso che vuole riportare il club in A. E’ un onore aver partecipato alla rinascita, però il meglio deve ancora venire».
Che cosa rappresenta per lei questa promozione?
«È la seconda consecutiva, dopo lo scorso anno a Brescia. Vincere è sempre bello, a prescindere dal gioco e dalla categoria, ma è il frutto di sacrifici. Chi vive lo spogliatoio, sa di che cosa parlo: per molti di noi, e per i tifosi, si è trattato di un riscatto; per i più giovani, la prima grande emozione».
Ancora convinto di avere fatto la scelta giusta, dopo il no di Cellino?
«Non ho dubbi, le sfide mi piacciono, il cuore ha deciso. Sono un istintivo e pensavo che a Palermo avrei trovato la molla per rifarmi: mi sento al centro del progetto, avverto la fiducia della società e la stima dei compagni e dell’ambiente».
Il Palermo l’ha praticamente riconfermata.
«L’estate scorsa, per intendersi, è bastata una telefonata. L'aspetto economico passa in secondo piano quando si tratta di fare la storia. Nel calcio, e nella vita, ci sono sentimenti che non hanno prezzo e poterli vivere è un privilegio».
Dove vuole arrivare?
«In serie A, ovvio. Guai, però, ad illudersi che sia un percorso da compiere ad occhi chiusi. Il Bari, ha costruito una squadra con gente fuori categoria e, alla fine, si è trovato a nove lunghezze dalla Reggina. Dobbiamo trarre insegnamento dalle esperienze altrui, siamo consapevoli che sarà una vera e propria avventura, non una passeggiata di salute».
Cosa l’ha colpito di questa cavalcata?
«La passione della gente che, negli ultimi 15 anni, aveva vissuto gioie incredibili per poi sparire dalla geografia del calcio. I palermitani hanno un cuore enorme e lo dimostrano allo stadio. Anche in giro per le strade, è un tripudio. Tutto ciò è gratificante per chi, come me, avendo sempre vissuto al nord e in Svizzera, non era abituato a questo calore».
Il suo pensiero va...
«Alla famiglia ed alla mia compagna Alice. Non avevo mai sentito la loro mancanza come nel periodo del lockdown. Tornato a casa, ho potuto abbracciarli, lo desideravo da mesi».
Decisiva l’opera di Pergolizzi. «Anche lui, come noi, dalla proprietà al magazziniere, è stato uno dei protagonisti della risurrezione».
La situazione societaria la preoccupa?
«Per niente. Il nostro è un club solido, serio e organizzato, che non ha nulla da invidiare ai top club della serie A».
La fascia di capitano che cosa ha significato? «E’ stato un motivo di orgoglio ed allo stesso tempo una bella responsabilità. Non mi tiro mai indietro. In squadra, c’erano tanti capitani in grado di trascinare il gruppo. La solidarietà è stata fondamentale per superare i pochi ostacoli incontrati, per proteggere e spronare i più giovani che non erano abituati a certe pressioni».
Si aspetta un ritorno scoppiettante da parte di Santana? «Sono certo che Mario ci guiderà da protagonista. E’ un guerriero, la sua presenza è stata fondamentale anche dopo l'infortunio. Ho apprezzato quando è venuto in trasferta con le stampelle».
Il segreto del Palermo? «Guardate le foto delle cene di squadra e capirete. Ragazzini di diciotto anni abbracciati a trentenni sposati con figli, sempre sorridenti. Un gruppo eccezionale. Ed il merito va a chi l’ha costruito in appena due settimane».
«Sono venuto qui in cerca di riscatto Mi sento al centro del progetto futuro»
«La situazione societaria non mi preoccupa, il club è solido e serio»