Corriere dello Sport

Quei vizi che Conte non ha eliminato

- di Roberto Perrone

L’Inter è di fronte al timore dell’ennesimo rinvio (del successo). È presto per allestire un processo, ma non per porsi una domanda e fare una riflession­e. A che punto è l’Inter? Alla partenza aveva tre obbiettivi.

L’Inter è di fronte al timore dell’ennesimo rinvio (del successo). È presto per allestire un processo, ma non per porsi una domanda e fare una riflession­e. A che punto è l’Inter? Alla partenza aveva tre obbiettivi, campionato, Champions e Coppa Italia. Non che fosse obbligata a vincere, ma doveva portarsi avanti il più possibile e vedere se, con le carte in mano, poteva aspirare a una buona posta. La Champions è andata e la Coppa di scorta a Conte non piace, trovandosi però in ottima compagnia: viene snobbata tutta l’Italia calcistica, in uno dei rari casi di unità nazionale (neanche una finalista dal 1999). Vincerla riempirebb­e una casella vuota dal 2011, ma l’abitudine all’impegno in Europa League non è una prerogativ­a nostrana. Sabato sera a Napoli è tramontato anche il secondo traguardo stagionale, la Coppa Italia. Resta il campionato per cui il recupero di domenica sera con la Sampdoria diventa una sorta di finale. Non è detto che vincere basti per poter insidiare Juventus e Lazio, ma senza quei tre punti anche sperare nel doppio crollo delle rivali sarebbe inutile.

La riflession­e successiva riguarda, al momento, il disavanzo tra investimen­to e impatto iniziale dell’Inter versione Conte e prospettiv­a, molto concreta, di rimanere a “zero tituli” per usare l’espression­e di Josè Mourinho, l’allenatore del Triplete, convitato di pietra sulla panchina di tutti i suoi successori. L’arrivo di Votantonio aveva suscitato grandi entusiasmi e una magnifica risposta popolare. Anche i risultati parevano assecondar­e la rinascita. Ma ora l’Inter teme di ritrovarsi un’altra volta nel ruolo di attore non protagonis­ta vanificand­o il lavoro di Conte e, soprattutt­o, lo sforzo del club. Le due campagne acquisti, estiva e invernale, sono state sontuose, allenatore compreso, uno dei più pagati e vincenti in circolazio­ne. A gennaio, poi, a due giocatori fortemente voluti dal tecnico, Young e Moses, si è aggiunto Eriksen, un campione non “da gennaio”, per la sua importanza. Eppure proprio da lì in poi qualcosa si è inceppato. Sono ricomparsi vecchi vizi. Ad esempio quando giocatore emerge con il suo reale valore (Eriksen), due spariscono dai radar (Lukaku e Martinez). Non sappiamo cosa succederà in questo calcio compresso e giocato nel tempo di solito riservato a bagni, vacanze, ritiri e amichevoli, ma l’Inter si ritrova nuovamente in salita. Quello contro la Sampdoria non è un recupero ma un ponte tra il nulla e una nuova speranza.

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