Due o tre uomini da vertice il resto non è all’altezza di un passato ingombrante
Possiamo solo immaginare la faccia e i pensieri di Maldini quando Rebic, novello Bruce Lee, ha steso il povero Danilo lasciando in dieci la squadra dopo appena un quarto d’ora. Come capitano del Milan di Berlusconi, Paolo non lo avrebbe fatto rientrare a Milanello. Certi gesti sono inaccettabili. E’ questo il problema del Milan, è la maglia che indossa. I giocatori di oggi non la riempiono e c’è perfino chi pensa di potersi permettere un cartellino rosso in una partita tutta da giocare, forse la più importante della stagione.
Contro la Juve sarebbe stata comunque una gara in salita, la rapida espulsione di Rebic l’ha trasformata in un’impresa impossibile. A questa squadra è rimasta la forte dignità del suo allenatore, come si è visto nel secondo tempo, ma in questa stagione non giocava le coppe, ora è già fuori dalla Coppa Italia ed è solo settima in campionato (col rischio di farsi scavalcare da Parma e Verona e di non rientrare in Europa per il secondo anno consecutivo). Se tutto questo è reale, è anche giusto, inevitabile, adeguato alla sua pochezza dove confrontata alla propria storia e alla dimensione delle sue rivali. Proviamo a pensare a un Milan in lotta per lo scudetto: quanti giocatori di oggi sarebbero titolari in quella ipotetica squadra? Due, al massimo tre: Donnarumma, Romagnoli (anche se da capitano deve dare di più, soprattutto come esempio, come guida), forse Ibrahimovic, gli altri sarebbero ottime alternative, altri ancora non vedrebbero nemmeno la panchina.
Puoi portarci Guardiola sulla panchina rossonera, o riportarci Ancelotti o Allegri, non è l’allenatore il problema. E’ l’organico, il livello tecnico di una squadra costretta a convivere con un passato troppo grande e troppo invadente.