Fienga, Morgan e il nuovo patto col patron
ROMA - Il futuro di Petrachi è un’occasione per ridisegnare gli equibri interni alla Roma. Tra i più determinati per il cambio è il Ceo, Guido Fienga, che proprio di questi tempi lo scorso anno era stato sorpreso all’aeroporto di Fiumicino in compagnia del direttore sportivo in pectore, all’epoca ancora tesserato per il Torino, di ritorno dal viaggio a Madrid dove i dirigenti avevano messo a punto l’accordo con Fonseca.
RAFFORZAMENTO. In un momento di forte instabilità, tanto finanziaria quanto governativa, l’allontanamento di Petrachi ricompatterebbe Fienga e Pallotta, che negli ultimi tempi si erano trovati a discutere su molte questioni, l’ultima delle quali era il prestito con interesse che il presidente aveva erogato alla società per fornire liquidità. Adesso però Fienga, aspettando il giudizio dei risultati, potrebbe acquisire un’altra figura di sua emanazione, cioè Morgan De Sanctis, in attesa che Baldini suggerisca a Pallotta il successore di Petrachi (perché funziona ancora così l’organizzazione interna). De Sanctis più Calvo più Zubiria significa un gruppo compatto di manager di cui l’amministratore delegato si fida. Attraverso i suoi pretoriani Fienga può contenere i tentativi di ribaltone orchestrati da Mauro Baldissoni, che può sostenere a ragione di aver sempre guardato con scetticismo all’ingaggio di Petrachi per riabilitarsi agli occhi del presidente.
RISTRUTTURAZIONE. Se riuscirà a portare avanti il suo piano industriale, con le garanzie economiche fornite dal proprietario, Fienga continuerà il processo di ristrutturazione che aveva avviato lo scorso anno: dopo aver allontanato il responsabile medico, il capo dei fisioterapisti, dirigenti che non gli servivano più come Antonio Tempestilli, idoli popolari come De Rossi e Totti, potrebbe liberarsi di altre figure che non condividono la sua linea e tendono a marciare per la propria strada. La foto pubblicata ad arte dalla Roma, che ritrae Fienga e Baldissoni seduti vicini e sorridenti, non deve ingannare: la distanza ideologica tra i due è molto più ampia di quanto richiesto dalle norme anti Covid.
LE PERDITE. Fienga ha promesso a Pallotta di aiutarlo, tanto nella ricerca di un nuovo acquirente quanto nel piano di risanamento finanziario. Non considera inattesi i 126 milioni di perdite dei primi nove mesi d’esercizio, un dato inquietante per il futuro, perché dava per scontato l’ingresso di Friedkin con un corposo aumento di capitale che avrebbe sistemato i conti. Per questo è deluso dalle strategie del patron, che non ha accettato l’ultima offerta del compratore. Sarebbe stato molto più facile il suo compito in caso di rapido passaggio di proprietà. E lo stesso Friedkin gli avrebbe affidato la gestione della Roma, almeno nei primi tempi.
SALVAGUARDIA. Adesso invece, con un direttore sportivo vicino ai saluti, Fienga e il suo staff dovranno dedicarsi alle acrobazie per evitare le cessioni di Pellegrini e Zaniolo, ottenere le conferme di Mkhitaryan e Smalling e magari consegnare anche a Fonseca lo svincolato Pedro, che ha già dato la disponibilità al trasferimento alla Roma. L’abilità sarà vendere il maggior numero possibile di esuberi, che secondo i calcoli della società sono 14, per un totale di circa 100 milioni di rendita. Un sentiero pieno di insidie. Sarebbe più facile prendere l’autostrada della Champions League: in quel caso, i danni delle ultime due stagioni produrrebbero conseguenze meno invasive.
La promozione a ds dell’ex portiere sarebbe un altro atto di fiducia verso il Ceo