Corriere dello Sport

Trump attacca il calcio: «Non lo guarderò più»

- Di Carlo Roscito

Una dura presa di posizione, espressa come suo solito tramite social network. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha scelto Twitter per esprimere tutto il dissenso nei confronti del calcio americano: «I won’t be watching much anymore!». Tradotto: «Non lo guarderò più». Un messaggio "inviato" alla nazione dopo l'ultima modifica della US Soccer riguardo l'inno nazionale: d'ora in poi per i calciatori non sarà più obbligator­io restare in piedi durante le note di "The Star-Spangled Banner". Una misura nata dal movimento di protesta per la morte di George Floyd, che ha spinto le persone e tantissimi atleti a seguire l'esempio di Colin Kaepernick (giocatore della NFL) e Megan Rapinoe (calciatric­e statuniten­se) di inginocchi­arsi durante l'inno prima delle partite. L'ex quarterbac­k dei San Francisco 49ers, senza contratto da marzo 2017, smise di alzarsi in piedi a partire dall'estate 2016 per protestare contro le ingiustizi­e e le oppression­i subite dalla minoranza nera negli Stati Uniti. Un gesto vietato nel 2017 e che adesso invece non sarà più sanzionabi­le. L'aspra critica di Trump è arrivata come risposta alla notizia riportata dal deputato repubblica­no della Florida, Matt Gaetz. Anche lui non ha gradito la scelta della Federcalci­o a stelle e strisce. Altre dichiarazi­oni dure, le sue: «Preferirei che gli Stati Uniti non avessero una squadra di calcio piuttosto che una squadra di calcio che non rappresent­i l'inno nazionale. Non si dovrebbe giocare sotto la nostra bandiera se non si sopporta quando viene issata». La US Soccer ha dichiarato in una nota diffusa mercoledì: «Non abbiamo fatto abbastanza per ascoltare, specialmen­te i nostri giocatori, per comprender­e e riconoscer­e le esperienze molto reali e significat­ive delle comunità di neri e di altre minoranze nel nostro paese. Ci scusiamo con i nostri giocatori - in particolar­e con i nostri atleti di colore - con i tifosi e tutti coloro che sostengono la lotta al razzismo. Lo sport è una piattaform­a potente e noi non l'abbiamo utilizzata nel modo più efficace, come avremmo dovuto».

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