GATTUSO SOGNA IL REGALO PER NAPOLI
L’allenatore azzurro carica: «Giocheranno quelli che corrono a mille all’ora» «Questa città merita una serata di gioia e la squadra darà tutto per portare a casa il titolo»
Cos’è Napoli, ora, in questo silenzio «disumano» che sembra la privi della sua energia, d’una vitalità che s’avverte sempre - di giorno e nella notte? «È una città che non fa mai mancare il calore della sua gente. E io la mia famiglia l’ho sentita vicina, in questo momento drammatico per noi, attraverso frasi che ci hanno dedicato ovunque. Qui il livello della vita è alto e io e i ragazzi a questo popolo vorremmo dedicare una serata di gioia». Napoli s’è presa Gattuso, l’ha «rapito» con il suo panorama dalle stanche chiuse d’un lockdown che in realtà ha nascosto altro, un dolore oceanico e incontrastabile affrontato guardandosi intorno e avvertendo sentimenti poi appesi alle pareti delle strade, affinché arrivassero a quelle dell’anima. Napoli è un crocevia, in questo 17 giugno che nel suo piccolo sa di Storia, perché in quest’ora e mezza che Rino Gattuso attraverserà a modo suo, sa ch’esiste un micro-universo che gli starà al fianco. «Giochiamo per loro, non solo per noi. Sappiamo quanto la Juventus sia forte e proveremo ad affrontarla nel modo che riteniamo più congeniale alla partita. Li abbiamo studiati, ma il loro Dna non compare nei video che con loi staff ho divorati da domenica mattina. Abbiamo battuto l’Inter e la sua fisicità ma adesso sarà diversa: qui c’è qualità infinita e una mentalità vincente che non è di nessuno. Ma che va fronteggiata».
LOZANO. E stamani, mettendosi in viaggio verso Roma, in quest’insolita «toccata e fuga», Gattuso trascinerà con sé quella espressione feroce e però sana che non s’è intravista dinnanzi alle telecamere della Rai ma ch’è emersa lunedì, nel faccia a faccia con Lozano, spedito a riflettere nello spogliatoio prima che la seduta fosse finita. «Chi è stanco, chi non è lucido di testa, chi non se la sente, può restare nello spogliatoio e se perde un giorno di allenamento non è un problema. Voglio solo chi va a mille all’ora. Ma è finita là e io non porto rancore. La questione è chiusa». E una partita, la finale di Coppa Italia, sta per cominciare, tra le insidie e le incognite che non si possono scorgere, perché è impossibile intrufolarsi in se stesso o nel «nemico carissimo» che sta di fronte. «Vanno rispettati e non va sbagliato nulla in entrambe le fasi». E si rimarrà (presumibilmente) in trincea, calcio all’italiana, senza farsi scrupoli, né inseguire gli aquiloni, come nei prati dell’infanzia: stadio Olimpico di Roma, questa è una favola, che va vissuta, evitando di perdersi in calcoli o in pensieri spettinati dal vento e dalle voci e che restano lì, inchiodati nel circondario delle proprie preoccupazioni per la
Vecchia Signora. «Ho letto ciò che ha detto De Laurentiis e le sue belle parole e i complimenti hanno fatto piacere. Però noi dobbiamo calarci nella finale, pensare solo a quella».
«La Juve ha qualità e mentalità. Noi la fronteggeremo e diremo la nostra»
RONALDO E SARRI. Ci sarà solo Cristiano Ronaldo, incrociato ormai tredici anni fa, a riempirgli il viaggio («ma non dite che lo picchiavo, perché sarebbe ingiu