Morgan il saggio è pronto alla sfida Ha studiato per bruciare le tappe
Parla 4 lingue e ha il patentino da allenatore Alla Roma partì come team manager
Da quando ha smesso di giocare, ha pensato soprattutto a capirsi. Morgan De Sanctis ha preso il patentino d’allenatore Uefa, che lo abiliterebbe a guidare una squadra di Serie A o anche una Nazionale, ha superato al primo colpo l’esame da direttore sportivo e negli ultimi mesi ha anche ottenuto il tesserino di responsabile del settore giovanile, necessario per esercitare il ruolo secondo le nuove normative. Nel frattempo aveva accettato dalla Roma l’incarico di team manager perché in cuor suo sapeva, intuiva, che a Trigoria avrebbe velocemente completato il cursus honorum: da ieri è sostanzialmente il direttore sportivo della società a cui più si è legato nella carriera di calciatore. La nomina ufficiale avverrà soltanto dopo il divorzio tra la Roma e Petrachi, per evitare problemi regolamentari: non si possono assumere due direttori.
AMORE. De Sanctis ha scoperto tardi la Roma. Arrivò dal Napoli all’indomani dell’umiliazione del derby perso nella finale di Coppa Italia, quando già aveva 36 anni. Eppure, nella sfrontata squadra costruita da Walter Sabatini e Rudi Garcia, è diventato il portiere con la migliore media-gol dell’epoca americana. Inferiore anche a quella del fenomeno Alisson: 0,69 contro 0,75 a partita. Per questo, quando venne superato dal rampante Szczesny, ci rimase male. E da svincolato accettò l’offerta del Monaco, per provare la terza esperienza all’estero dopo il Siviglia e il Galatasaray. Ma non appena Monchi lo ha richiamato a Trigoria, ricordandone la saggezza scoperta in Andalusia, De Sanctis ha stracciato l’ultimo anno di contratto da portiere per cominciare prima del previsto la carriera dirigenziale.
FORMAZIONE. I compagni di squadra lo prendevano in giro perché parlava tanto. E soprattutto perché parlava bene. Tre lingue straniere, anche: in ordine di familiarità lo spagnolo, il francese e l’inglese. Ma l’abilità dialettica e la diplomazia, unite a una lealtà molto abruzzese, gli hanno permesso di conquistare la fiducia di tutte le persone con le quali abbia lavorato. Da Fienga a Baldini, tutti ne apprezzano l’umiltà e la dedizione. Ma anche di Totti, che pure ha preso una strada diversa non sopportando di essere poco valorizzato, è rimasto amico vero. Era plausibile che dopo un periodo all’ombra di Petrachi gli sarebbe capitata la grande occasione. E così è stato, o meglio così sarà, dando per scontato che accetti la proposta di promozione per ora solo ipotizzata da Fienga. Non a caso De Sanctis, annusando l’aria che annunciava un tifone, nelle ultime settimane ha cortesemente declinato l’offerta dell’Ascoli, che ha assunto un suo collaboratore fidato come Giuseppe Bifulco.
DAY BY DAY. Se poi resisterà al mattatoio che ha sfibrato tanti colleghi più esperti, compreso Monchi, lo dirà il tempo. Perché comunque - dicono - lui si vede più come direttore generale, non per forza a Trigoria. Una cosa è certa. La Roma alterna ali bizzose (Sabatini, Petrachi) a portieri razionali (Monchi, De Sanctis) nella posizione di ds. Tanto Pallotta per gestire la squadra ha sempre il playmaker preferito, Baldini, che da calciatore è stato un centrocampista.