Corriere dello Sport

Morgan il saggio è pronto alla sfida Ha studiato per bruciare le tappe

Parla 4 lingue e ha il patentino da allenatore Alla Roma partì come team manager

- Di Roberto Maida

Da quando ha smesso di giocare, ha pensato soprattutt­o a capirsi. Morgan De Sanctis ha preso il patentino d’allenatore Uefa, che lo abilitereb­be a guidare una squadra di Serie A o anche una Nazionale, ha superato al primo colpo l’esame da direttore sportivo e negli ultimi mesi ha anche ottenuto il tesserino di responsabi­le del settore giovanile, necessario per esercitare il ruolo secondo le nuove normative. Nel frattempo aveva accettato dalla Roma l’incarico di team manager perché in cuor suo sapeva, intuiva, che a Trigoria avrebbe velocement­e completato il cursus honorum: da ieri è sostanzial­mente il direttore sportivo della società a cui più si è legato nella carriera di calciatore. La nomina ufficiale avverrà soltanto dopo il divorzio tra la Roma e Petrachi, per evitare problemi regolament­ari: non si possono assumere due direttori.

AMORE. De Sanctis ha scoperto tardi la Roma. Arrivò dal Napoli all’indomani dell’umiliazion­e del derby perso nella finale di Coppa Italia, quando già aveva 36 anni. Eppure, nella sfrontata squadra costruita da Walter Sabatini e Rudi Garcia, è diventato il portiere con la migliore media-gol dell’epoca americana. Inferiore anche a quella del fenomeno Alisson: 0,69 contro 0,75 a partita. Per questo, quando venne superato dal rampante Szczesny, ci rimase male. E da svincolato accettò l’offerta del Monaco, per provare la terza esperienza all’estero dopo il Siviglia e il Galatasara­y. Ma non appena Monchi lo ha richiamato a Trigoria, ricordando­ne la saggezza scoperta in Andalusia, De Sanctis ha stracciato l’ultimo anno di contratto da portiere per cominciare prima del previsto la carriera dirigenzia­le.

FORMAZIONE. I compagni di squadra lo prendevano in giro perché parlava tanto. E soprattutt­o perché parlava bene. Tre lingue straniere, anche: in ordine di familiarit­à lo spagnolo, il francese e l’inglese. Ma l’abilità dialettica e la diplomazia, unite a una lealtà molto abruzzese, gli hanno permesso di conquistar­e la fiducia di tutte le persone con le quali abbia lavorato. Da Fienga a Baldini, tutti ne apprezzano l’umiltà e la dedizione. Ma anche di Totti, che pure ha preso una strada diversa non sopportand­o di essere poco valorizzat­o, è rimasto amico vero. Era plausibile che dopo un periodo all’ombra di Petrachi gli sarebbe capitata la grande occasione. E così è stato, o meglio così sarà, dando per scontato che accetti la proposta di promozione per ora solo ipotizzata da Fienga. Non a caso De Sanctis, annusando l’aria che annunciava un tifone, nelle ultime settimane ha cortesemen­te declinato l’offerta dell’Ascoli, che ha assunto un suo collaborat­ore fidato come Giuseppe Bifulco.

DAY BY DAY. Se poi resisterà al mattatoio che ha sfibrato tanti colleghi più esperti, compreso Monchi, lo dirà il tempo. Perché comunque - dicono - lui si vede più come direttore generale, non per forza a Trigoria. Una cosa è certa. La Roma alterna ali bizzose (Sabatini, Petrachi) a portieri razionali (Monchi, De Sanctis) nella posizione di ds. Tanto Pallotta per gestire la squadra ha sempre il playmaker preferito, Baldini, che da calciatore è stato un centrocamp­ista.

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LAPRESSE Morgan De Sanctis, 43 anni, ascolta Fonseca con Fienga e Petrachi

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