INCENTIVI AUTO ORA MANCANO I SOLDI
Rientra subito l’ottimismo sugli interventi per il comparto automotive No della Commissione Bilancio agli emendamenti. Crisci (Unrae) «Non hanno a cuore il Paese»
È sempre la solita Italia della politica: inciucia, tratta, media, scambia. E i problemi, quelli veri, quelli importanti, quelli che riguardano tutti noi, non solo i costruttori che producono auto e le aziende che le vendono, restano lì, appesi a logiche che sfuggono alla maggioranza dei cittadini. Per un attimo, solo per un attimo – siamo sinceri – c’eravamo illusi che le parole spese da alcuni politici giovedì nel nostro Automotive.Lab, il primo Convegno digitale sulla ripartenza dell’auto potessero portare davvero a una conclusione positiva di questa lunga trattativa sugli incentivi. E se ancora, in realtà, non è detta l’ultima parola, lo stop, il nuovo rinvio di ieri è la goccia che fa traboccare il vaso della pazienza delle Case. Che, per la prima volta in questo estenuante tira e molla, hanno usato toni molto duri nei confronti del Governo dopo lo stop della Commissione Bilancio a tutti gli emendamenti sull’automotive. Un nuovo rinvio che ha un solo significato: non ci sono i soldi per finanziare gli incentivi. Così, l’Unrae, l’associazione delle Case estere per bocca del suo Presidente, Michele Crisci ha tenuto alta la pressione.
«È forte la preoccupazione per la posizione di chi, nella maggioranza di Governo, vorrebbe continuare a incentivare esclusivamente l’acquisto di veicoli elettrici ricaricabili, con un atteggiamento ideologico e sordo a qualsiasi argomento pragmatico. Una crisi di mercato come quella in corso ormai da mesi, con conseguenze devastanti sulla nostra economia, non può essere arginata con le misure in essere, che a più di un anno dalla loro entrata in vigore escludono ancora il 98% del mercato...».
Un altro Crisci, rispetto a quello solitamente pacato e comprensivo, alla ricerca sempre della mediazione. La misura deve essere assolutamente colma.
«Chi ha veramente a cuore l’ambiente, e non solo una sterile ideologia, avrebbe il dovere di agevolare concretamente la sostituzione di veicoli vetusti con veicoli di ultima generazione. Chi ha veramente a cuore il Paese e il lavoro, e non i provvedimenti di bandiera, dovrebbe avviare una seria strategia di sviluppo, a tutela di un settore che rappresenta quasi il 20% del PIL e versa ogni anno 80 miliardi di tasse nelle casse dello Stato. Un settore che oggi rischia di scomparire, e per il quale non sono state trovate ancora risorse adeguate. L’UNRAE, già da mesi, ha presentato alle Istituzioni proposte per il rilancio della domanda. Per il trasporto persone: l’allargamento dell’ecobonus per raggiungere una più ampia platea di cittadini, l’allineamento alla fiscalità europea dell’auto aziendale, il sostegno allo smaltimento dei veicoli invenduti durante il lockdown. Per il trasporto merci: gli incentivi alla rottamazione e l’incremento delle detrazioni per le imprese. Ebbene, dopo settimane di “rimpalli” fra tutti i soggetti istituzionali coinvolti, e nonostante l’impegno costruttivo di diverse componenti della maggioranza, non ci sono ancora provvedimenti concreti e si continua a paventare la mancanza di fondi per l’automotive, a fronte di 55 miliardi allocati in modo orizzontale e, a nostro giudizio, poco efficace».
Il vaso è tracimato non solo per lo stop in Commissione Bilancio ma anche per voci che farebbero innervosire chiunque abbia un po’ di buon senso: «Nelle ultime ore – conclude Crisci – addirittura, è stata paventata ancora la volontà, di parte della maggioranza, di limitare gli incentivi ai soli veicoli con un prezzo di listino inferiore a 18.000 €, escludendo tutti gli Euro 6 di ultima generazione a prescindere dal loro livello di emissioni. Una misura del genere favorirebbe pochissimi marchi fra le decine presenti nel segmento, creando una grave distorsione del mercato senza riuscire a rilanciarlo, con effetti nefasti sulla clientela (minore scelta e minori sconti), sulle emissioni medie (ricambio rallentato del parco circolante) e sul gettito dell’Erario (minore IVA incassata dallo Stato)».
Già, proprio sempre la solita Italia.
• INFRASTRUTTURE DI RICARICA: la densità di punti di ricarica pubblica ogni 100 km di rete viaria, in Germania è 3.5 volte superiore a quella italiana;
• PARCO CIRCOLANTE: quello italiano, tra i più anziani in Europa, già prima del Covid-19 aveva un’età del 20% più alta rispetto a quello tedesco, e soffriva un ciclo di rinnovo del 43% più lungo;
• MERCATO: in Italia durante il lockdown di marzo-aprile il mercato è crollato quasi del doppio rispetto a quello tedesco;
• ALIQUOTA IVA ORDINARIA: in Italia è al 22% anziché al 16% come previsto dalle recenti normative tedesche per i prossimi 6 mesi;
•TRATTAMENTO FISCALE AUTO AZIENDALE: in Germania l’IVA è da sempre detraibile al 100%, mentre in Italia solo al 40%, con una deroga perennemente rinnovata rispetto alla normativa europea.
Se non fossero argomenti sufficienti per comprendere che è davvero impossibile omologare due realtà distanti così tanti anni luce, allora ci dovremmo arrendere alla totale miopia della nostra classe politica
«Ma quale ambiente è solo ideologia Manca una strategia di sviluppo»
Voci su aiuti ad auto sotto i 18.000 euro ed escluse le Euro 6 «Mercato falsato»